Studio sulle culture professionali degli operatori della salute mentale in Italia
AMBRA BERETTI - Dott.ssa Magistrale in Psicologia dei Processi Sociali, Decisionali e dei Comportamenti Economici. Laureata presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca
È sempre più evidente che la cultura professionale degli operatori psichiatrici sia determinante nei percorsi terapeutici degli utenti dei servizi della salute mentale, pertanto si è ritenuto necessario creare una scala adeguata a valutarne i diversi aspetti. Dopo la fase pilota svoltasi in Canada ed Italia, la versione definitiva del Bicocca Mental Health Professional Culture Inventory (BMHPCI), inserita in un questionario più ampio, è stata somministrata a 213 operatori. I dati rilevati sono stati codificati ed analizzati: è stato effettuato un Test-Retest, un’analisi delle componenti principali (PCA), il calcolo dell’Alpha di Cronbach, la valutazione della validità convergente e divergente. Infine, tramite un’analisi multivariata della varianza (MANOVA), sono state messe in relazione le componenti estratte tramite l’analisi fattoriale con alcune variabili indipendenti, ottenendo risultati interessanti: le variabili esplicative, “genere”, “fasce d’età”, “professione” e “struttura” esercitano un effetto significativo sulle quattro componenti estratte, denominate “Ruolo riabilitativo”, “Relazione aperta”, “Pianificazione del lavoro” e “Insicurezza e minaccia al ruolo”
Introduzione
Se è vero che in tutto il mondo esistono procedure mediche relativamente diffuse e condivise, basate sull’osservazione dei sintomi per diagnosticare e trattare le patologie fisiche, è altrettanto vero che per i disturbi mentali la situazione è ben diversa. È necessario comprendere che la prima peculiarità riguarda proprio il carattere soggettivo, e che l’esperienza della malattia risulta essere profondamente personale e influenzata da molti fattori (Slade, 2009). Passando in rassegna i diversi servizi di salute mentale e i diversi modelli teorici di riferimento, emerge quindi in modo chiaro il bisogno di un nuovo approccio terapeutico. Questa esigenza vede il proprio compimento nel modello della recovery, inteso come “un processo profondamente e autenticamente personale di cambiamento dei propri valori, sentimenti, obiettivi, capacità e ruoli. È un modo di vivere la propria vita con soddisfazione, speranza e iniziativa, malgrado la sofferenza e le limitazioni causate dalla malattia. Implica il recupero non solo di una condizione di maggior benessere, ma piuttosto di un nuovo senso della propria esistenza, che possa essere fatto evolvere al di là degli effetti catastrofici della malattia mentale” (Anthony, 1993, p.527).
Gli operatori che esercitano la professione nell’ambito dei servizi della salute mentale, fanno i conti ogni giorno proprio con questo tipo di situazione: loro compito è affiancare le persone con disturbi per aiutarle nel percorso terapeutico; ed è proprio da qui che emerge un altro aspetto peculiare, e cioè che a differenza degli altri ambiti sanitari, l’esito dei processi di cura/terapia/riabilitazione è fortemente influenzato da fattori psicologici, individuali o di gruppo, del personale curante (Thornicroft & Tansella, 1999). Uno di questi è la cultura professionale, che può essere definita come: «… un sistema di valori, conoscenze e schemi di comportamento, che viene condiviso tra i membri di quel particolare gruppo professionale e che orienta il comportamento individuale, in particolare in situazioni professionali inattese e mutevoli […] Questi schemi cognitivi e comportamentali condivisi costituiscono la cultura professionale, ed orientano la costruzione di senso e il comportamento…» (Bloor & Dawson, 1994, p. 278).
Attualmente in letteratura mancano studi che affrontano direttamente questo tema, esistono infatti solo strumenti che si focalizzano o su uno specifico ruolo (ad esempio: infermieri o medici psichiatri) oppure su un particolare aspetto del costrutto (ad esempio: il clima di gruppo o l’identità di ruolo); si è quindi deciso di condurre il seguente studio, con tre finalità:
• sviluppare un nuovo strumento in grado di esplorare globalmente le diverse culture professionali dei differenti operatori psichiatrici: il Bicocca Mental Health Professional Culture Invetory (BMHPCI);
• accogliere dati per poter effettuare un’analisi psicometrica, al fine di far emergere similarità e differenze nelle culture professionali degli operatori;
• verificare l’effettiva capacità del BMHPCI d’indagare l’oggetto di studio, ovvero validarlo. Tuttavia, affinché il BMHPCI possa essere considerato tale, i risultati ottenuti dovranno essere confrontati con quelli di altre rilevazioni (replicabilità), motivo per cui è bene precisare che questo studio è soltanto un tentativo preliminare d’indagare il fenomeno in questione.
ANTHONY, W. A. (1993) Recovery from mental illness: The guiding vision of the mental health service system in the 1990s. Psychosocial Rehabilitation Journal, 16 (4), 11-23.
BLOOR, G., & DAWSON, P. (1994). Understanding Professional Culture in Organizational Context. Organization Studies (Walter De Gruyter Gmbh & Co. KG.), 15(2), 275.
SLADE, M. (2009). Personal Recovery and Mental Illness. A Guide for Mental Health Professionals. (1°ed) Cambridge: University Press, Cambridge.
THORNICROFT, G., TANSELLA, M. (1999), The Mental health matrix: a pragmatic guide service improvement. Cambridge University Press, Cambridge.