Prestazioni psicologiche a distanza
CATELLO PARMENTOLA - Psicologo, Psicoterapeuta, è stato Dirigente psicologo presso l’ASL Salerno.
ELENA LEARDINI - Avvocato
Riguardo alle prestazioni on line, la prima cosa da dire è che, nell’emergenza Covid 19, sono state necessarie: non è una considerazione banale, dato che senza la possibilità di spostare on line tanti esercizi professionali, avremmo scontato un’interruzione ed un senso di interruzione molto più totali, radicali e tragici
Con riferimento alle prestazioni psicologiche on line e a distanza, va considerato innanzitutto che la forma dell’esercizio professionale dello psicologo non è un tabù, non fosse altro perché, nel corso del tempo, è sempre già cambiata innumerevoli volte. Ci sono sempre stati, a partire dal lettino di Freud, mediatori materiali che hanno regolato le distanze e determinato ogni volta, nuove e diverse forme del setting. Ci sono state mediazioni materiali che hanno consentito terapie anche a distanza, dalle ‘trascrizioni’ di Jung alle ‘confessioni’ della scuola giapponese di Morita, dalle tante mediazioni disegnate o dipinte di tanti junghiani classici alle attuali restituzioni grafiche, genogrammiche o costellari. Quindi, l’espressionismo diretto del ‘qui ed ora’ in presenza non è ‘il’ setting ma solo una sua moderna e prevalente declinazione, che ha perdite e guadagni come ogni altra declinazione.
Questa premessa vuole dunque sollecitare un approccio alle prestazioni psicologiche on line laico ed aperto, ma al contempo vuole avvertire del rischio intrinseco ad eventuali improvvisazioni, anche quando dettate da situazioni di emergenza: si tratta di valutare ogni volta perdite e guadagni. Tale valutazione va fatta con riferimento ai diversi tipi di prestazioni a distanza: i diversi mediatori – diciamo tecnologici – adottati descrivono distanze diverse e comportano perdite e guadagni diversi. Va fatta poi con riferimento ai diversi tipi di prestazioni professionali: ognuno dovrebbe confrontare il setting on line col ‘proprio’ setting, con riferimento al proprio tipo di prestazione ambulatoriale ed al ‘proprio’ modo di organizzarla. Va fatta, infine, anche caso per caso, per ogni singolo paziente, perché alle perdite e ai guadagni non sono estranee le soggettività in gioco che possono sempre rendere diversa ogni esperienza relazionale, allo stesso preciso modo in cui avviene nella dimensione ambulatoriale. Basti considerare le diverse reazioni che i diversi pazienti hanno avuto di fronte alla proposta di spostare l’incontro in video-seduta: per alcuni è stato quasi lo stesso, altri non se la sono sentita tout court e, fra questi due poli, è venuta a crearsi tutta una gamma di opzioni soggettive.
Un buon criterio è riferirsi all’agio ed alla funzionalità dei propri setting ambulatoriali che sono stati tarati nel tempo e quindi possono indicare molto a riguardo. E tali indicazioni potranno essere spese anche nello spostarsi on line: alcune consapevolezze maturate riguardo alla prossemica ed a tanti altri aspetti possono orientarne delle ‘riproduzioni’ quanto più approssimate anche nel nuovo setting.
Generalmente si pensa all’on-line solo come necessario surrogato quando l’ambulatoriale non è possibile e la valutazione perdite-guadagni si risolve quasi sempre solo nella preoccupata evocazione delle perdite che, ovviamente, se fossero ritenute tante e tali da minare troppo gli standard di efficacia della prestazione, suggerirebbero tout court di evitarla. Chi scrive tende a pensare, invece, che la valutazione debba essere un po’ più complessa e che, se lo fosse, riuscirebbe a cogliere anche qualche possibile guadagno. Umberto Galimberti, in un antico (4 novembre 2002) articolo sul quotidiano La Repubblica, già assimila il display alla grata di un confessionale: si svolge una comunicazione duale con i due volti ‘vicini’ allo schermo, a non più di quaranta centimetri dallo schermo. Non sarà sfuggito a nessuno psicologo la circostanza di non avere mai visto, in ambulatorio, così da vicino il volto di un paziente come sul display nel corso di una video-seduta. Si perdono l’affettività espressa dalle posture e dagli ‘atteggiamenti’ del corpo, ma si guadagnano i particolari espressivi del volto, ‘si guadagnano gli occhi’. Inoltre, il fatto di non sentirsi in presenza allenta le difese, le censure consce ed inconsce. E, come tante esperienze e tanta letteratura dimostrano, i sentimenti e le emozioni, sentendosi ‘a distanza’ e più al sicuro rispetto ai rischi e alle conseguenze della loro ‘manifestazione’, si esprimono di più e si esprimono con più forza. A volte, una video-seduta può far ‘guadagnare’ al processo terapeutico più di una seduta in presenza ambulatoriale. Procediamo adesso con tutta una serie di presidi che possono aiutarci, possono darci implicitamente risposte su ciò che è corretto o meno nelle prestazioni psicologiche on line e a distanza. Sono indicatori impliciti su cui misurare di volta in volta l’appropriatezza delle condotte professionali on line.
Cominciamo col ricordare l’articolo 1 del Codice Deontologico degli Psicologi:
Le stesse regole (tutte le regole del Codice) si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.
Anche in rete, quindi, vanno mantenuti tutti gli standard deontologici riguardo a Comunicazione, Consenso, Competenza, Autonomia, Decoro e Lealtà. Vanno inoltre sempre tenuti presenti tutti gli Obblighi Normativi (obbligo di preventivo, fatturazione, protezione dei dati, ecc.), anche se tali obblighi dovranno essere espletati in termini formali e pratici diversi. Altro implicito e ‘proteggente’ parametro valutativo è costituito dal censimento degli standard giuridico-formali previsti, dal valutare, caso per caso, se la prestazione professionale online ‘preserva’ i suddetti standard: dalla Sicurezza della transazione (Identità degli psicologi, Identificazione degli utilizzatori, Protezione della transazione…) alla Riservatezza (Riconoscimento dei limiti, Conservazione dei dati…), all’Appropriatezza (La ricerca di base…).
È importante riferirsi alla tanta produzione istituzionale-tutoriale del CNOP nel corso degli anni e, soprattutto, alle Linee-Guida per le prestazioni psicologiche on line e a distanza.
Il CNOP ne ha licenziate tre dalla sua istituzione ad oggi1.
Le prime avevano un taglio più deontologico e scaturivano dal lavoro dell’EFPA (European Federation of Psychologists Associations) che, con la sua Commissione Permanente sulle questioni etiche della professione di psicologo, aveva già prodotto – alla fine degli anni ’90 – diversi documenti quali la Carta Etica e il Metacodice Europeo e, soprattutto, aveva lavorato già proprio sulle Indicazioni etiche delle prestazioni psicologiche via Internet e a distanza.
Catello Parmentola e Renato Di Giovanni, su mandato (seduta del 20-12-2002) dell’Osservatorio Deontologico del CNOP, mutuarono dalla loro esperienza EFPA una prima Disciplina Transitoria delle prestazioni psicologiche via Internet e a distanza - nelle more di una codificazione deontologica nei termini di cui all’articolo 41 del Codice Deontologico degli psicologi italiani, da cui scaturirono le prime Linee Guida Ufficiali del CNOP riguardo a tale materia.
Le seconde Linee Guida divennero Raccomandazioni poiché già entravano più nel merito di un esercizio ormai in atto e che iniziava a richiedere, quindi, utili – e maggiormente ‘pratici’ – consigli. Si trattava fondamentalmente di un aggiornamento revisionale, dieci anni dopo, del lavoro di Parmentola e Di Giovanni.
Le più recenti Linee Guida, licenziate qualche anno fa dalla Commissione ‘Atti Tipici’ del CNOP, sono una guida aggiornata e tecnica al corretto utilizzo da parte dello psicologo della dimensione online.
È importante fare ad esse riferimento (sono sul sito del CNOP e sulle Pagine istituzionali di tutti gli Ordini regionali). E ricordare sempre che non basta essere esperti di web per ricondurre automaticamente nel web gli standard professionali della professione psicologica.
Consenso informato alle prestazioni psicologiche a distanza
Nell’emergenza Covid 19, in cui le misure di distanziamento sociale hanno massivamente esposto alle prestazioni psicologiche a distanza, si è scontata una volta di più l’eccessiva prevalenza delle misure formali del Consenso Informato sulla sua - molto più importante - sostanza professionale. Questa prevalenza interpretativa ed applicativa consegue, secondo chi scrive, tre improvvide assimilazioni: l’assimilazione della Deontologia al Diritto, l’assimilazione del Consenso Informato alla Prestazione a quello al Trattamento Dati, l’assimilazione del valore probatorio al valore di legittimità. Si tende ad assimilare la Deontologia al Diritto forse in una logica di ‘risparmio’ della complessità del pensare deontologico e dell’impegno che esso richiede. È come se, risolvendola in ‘così dice la Legge’, ci si illudesse di risparmiare se stessi, la non surrogabile ‘personale’ e soggettiva ricerca ogni volta dei migliori bilanciamenti in una complessità di vertici in gioco, da quello etico a quello sociale, a quello scientifico. Ed i complessi bilanciamenti vanno ogni volta perseguiti, ovviamente, nel perimetro che loro descrive la Legge ma, alla fin fine, è pur sempre il Diritto che si pone al servizio della migliore regola professionale e non la regola al servizio del Diritto.
Ci sono due tipi di Consenso Informato: quello alla Prestazione che ‘discende’ dall’articolo 32 della Costituzione, e quello al Trattamento Dati che ha, come più recente riferimento normativo, il Regolamento europeo del 2018. Si tratta di due Diritti della Persona che hanno dunque fondamento diverso e tutelano beni giuridici diversi: uno, il diritto all’autodeterminazione in tema di salute e, l’altro, il diritto alla riservatezza dei propri dati personali.
Da queste distinzioni discendono misure formali diverse anche nella loro acquisizione. Entrambi i Consensi sono Atti di Disposizione dei propri diritti con precisi effetti giuridici di natura contrattuale. Bisogna, tuttavia, tenere presente che ci sono due tipi di Atti di Disposizione. Ci sono quelli che producono i loro effetti giuridici per il solo fatto di essere espressi in modo inequivoco. Essi sono, dunque, atti già validi e, in questo caso, la forma scritta viene richiesta solo perché siano dimostrabili, a fini, quindi, esclusivamente probatori.
E ci sono poi gli atti di disposizione che, invece, per produrre i loro effetti giuridici, devono essere espressi in forma scritta: in questo caso la forma scritta è indispensabile alla validità dell’atto e, quindi, viene richiesta ai fini di legittimità. In assenza di precise disposizioni di legge, la regola generale è che la forma scritta valga esclusivamente ai fini probatori. Anche il Consenso Informato alla Prestazione sanitaria, in assenza di precise norme in merito, è ascrivibile, dunque, al primo tipo di Atti di Disposizione: la sua espressione in forma scritta è legata, quindi, alla sua dimostrabilità.
Tuttavia, per (comprensibili) esigenze di certezza, la prassi di raccogliere e documentare il Consenso in forma scritta si è affermata al punto da essere considerata, invece, quale vero e proprio elemento formale imprescindibile. Eppure già l’art. 1.4 della Legge 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) prevede che il Consenso Informato sia acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente e sia documentato in forma scritta, ma anche, eventualmente, attraverso videoregistrazioni.
Quindi, già la Legge 219/2017 risponderebbe (con le videoregistrazioni) alla domanda relativa all’acquisizione del Consenso alla Prestazione on line e a distanza. Gli psicologi si arrovellano, dunque, attorno ad una domanda che già aveva normativamente risposta: a volte hanno vezzi più giuridici dei giuristi e si fanno incartare dalla loro stessa rigidità formale. Purtroppo, si tratta di vezzi non privi di costo perché in ambito sanitario spesso è oggettivamente difficile raccogliere il consenso in forma scritta ed atteggiamenti interpretativi troppo rigidi rischiano o di bloccare il sistema, arrecando quel danno alla salute che proprio l’obbligo della forma scritta intendeva tutelare, oppure di offrire spunto per l’adozione di prassi operative avventate che tendono a semplificare eccessivamente il momento della raccolta del consenso, fino al punto da non ritenerlo neppure necessario in casi in cui esso invece lo è.
L’emergenza Covid 19, poi, ha imposto un distanziamento sociale che ha reso ‘necessarie’ le prestazioni a distanza: è ancora più ineludibile, dunque, riferirsi al fine probatorio e alla sola dimostrabilità del consenso acquisito. E la documentazione e la conservazione, quindi, di un’acquisizione video-registrata, al limite audio-registrata o, in estrema ratio, la prova fornita dall’adozione, da parte del paziente, di comportamenti concludenti, consente comunque questa richiesta dimostrabilità.
In conclusione, la soluzione formale migliore sarà sempre quella che, da un lato, potrà garantire all’utente un agevole accesso alle cure e, dall’altro, al sanitario, la serenità di sapere di potere, in qualunque momento, dimostrare il consenso del paziente.
GLOSSARIO
- CONSENSO INFORMATO
In bioetica e in ambito sanitario, il c. informato sta a significare la partecipazione consapevole del paziente alle decisioni sul trattamento terapeutico da seguire, realizzata attraverso una informazione esauriente sulle sue condizioni di salute e, soprattutto, in caso di gravi patologie, sui rischi connessi alla terapia da seguire. All’art. 24 C.D. Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato.
- PRESTAZIONI PSICOLOGICHE A DISTANZA
Le prestazioni psicologiche che non sono svolte in presenza, de visu, in ambulatorio, in cui la relazione è mediata tecnologicamente, per lo più attraverso rete web, da cui anche ‘prestazioni psicologiche on line’. Possono essere indicate anche come prestazioni psicologiche a distanza con riferimento ad altri mediatori (per esempio il telefono, ecc.). Tali prestazioni debbono ovviamente essere effettuate con modalità tali da garantire tutti gli standard deontologici e giuridico-formali dovuti. Esistono a riguardo Linee Guida CNOP e tante esperienze consolidate a cui riferirsi. Nella logica smart-working che ha dovuto informare l’emergenza Covid 19, a causa dell’obbligo di distanziamento sociale, anche gli psicologi sono stati massivamente esposti nell’esercizio professionale on-line. Nel Manuale vedi Capitolo 15 Consenso informato alle prestazioni psicologiche a distanza e Capitolo 37 Prestazioni psicologiche a distanza. Le stesse regole (del presente Codice Deontologico) si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.
NOTE
- Vedi anche Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal web, 2017 in https://www.psy.it/linee-guida; vedi anche https://www.psy.it/gli-ordini-territoriali-sul-coronavirus
- Berkeley - Gulotta G., Responsabilità civile e penale nel lavoro dello psicologo, in Per una cultura della competenza, a cura di Cavuoto - Smirni - Xibilia, Edizioni Scandurra, Catania 1996;
- Calvi E. - Gulotta G. (a cura di), Il codice deontologico degli psicologi. Commentato articolo per articolo, Giuffrè Ed., 1999;
- Calvi E. - Gulotta G. - Leardini E., Il Nuovo Codice deontologico degli Psicologi. Commentato articolo per articolo con decisioni ordinistiche e giurisprudenza ordinaria, Giuffrè Ed., 2018;
- Danovi R., Diario deontologico, Giuffrè Ed., 2012;
- Di Giovanni R., I rapporti con l’utenza e la committenza: etica, deontologia ed epistemologia, in Parmentola C., Il soggetto psicologo e l’oggetto della psicologia nel Codice Deontologico degli psicologi italiani, Giuffrè 2000;
- EFPA’s Task Force on Forensic Psychology, The European psychologist in forensic work and as expert witness. Recommendations for an ethical practice, London 2000;
- European Federation of Professional Psychologists Associations, Meta-Code of Ethics, Athens 1995;
- Frati F., La deontologia come parametro di qualità nell’esercizio della professione di psicologo, Ordine Psicologi Emilia Romagna, 2002:
- Frati F., I principi deontologici fondamentali dello psicologo nella pratica professionale del Terzo Millennio, Ordine Psicologi Emilia Romagna;
- Gulotta G., Responsabilità civile e penale nel lavoro dello psicologo, Edizioni Scandurra, Catania 1996;
- Jaspers K., Uomo e valori nell’età della tecnica, Cortina, 1986;
- Linee Guida per lo Psicologo esperto in Psicologia Giuridica in ambito civile e penale, aggiornamento delle Linee Guida per lo Psicologo Giuridico (del 27 febbraio 1999), in https://www.aipgitalia.org;
- Parmentola C., Il soggetto psicologo e l’oggetto della psicologia nel Codice Deontologico degli psicologi italiani, Giuffré Ed., Milano 2000;
- Parmentola C., La deontologia degli psicologi - le conoscenze indispensabili all’esercizio professionale, Ordine degli Psicologi della Campania Edizioni, 2013 (prima edizione), 2018 (seconda edizione);