La psicologia ospedaliera ieri, oggi, domani
DANIELA DE BERARDINIS - Responsabile U. O di Psicologia Clinica Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli Isola Tiberina - Roma
PAOLA DONDI - Responsabile U.O Psicologia Ospedaliera Az. Ospedaliera-Universitaria, Modena
Parlare di psicologia ospedaliera significa ripercorrere la storia della psicologia italiana, relativamente recente, che inizia ad avere riconoscimenti e legittimazione con la legge 56 del 1989 istitutiva della professionalità psicologica.
La storia della psicologia italiana ha origine con la scuola di Padre Gemelli e dei suoi allievi milanesi e quella a Torino di Kiesow, allievo di Wundt, che sono state le fondatrici di una “psicologia scientifica” svincolate dall’ impostazione filosofica. Per giungere allo statuto di scienza diverrà fondamentale l’apporto della psicologia applicata con le esperienze di Padre Gemelli, Cesare Musatti, De Sarlo e Bonaventura. Essi pongono le basi, dopo l’oscurantismo del ventennio fascista, per la costituzione di una vera e propria Psicologia Clinica in Italia che compare, come dizione, per la prima volta nel 1952 in un Congresso organizzato da Padre Agostino Gemelli.
È soltanto nel 1970 che vengono costituiti i primi corsi di laurea in Psicologia e le esperienze documentate di Psicologia Ospedaliera in Italia risalgono agli anni ’80, epoca di costituzione del Servizio Sanitario Nazionale.
Gli psicologi operano inizialmente in Oncologia, Ostetricia, Pediatria, e progressivamente in Cardiologia preventiva e riabilitativa, nell’area Trapiantologica, nelle Unità Spinali, nelle Terapie Intensive Neonatali e in tutte le grandi aree della Traumaticità e dell’Emergenza.
La ricognizione effettuata in ambito nazionale evidenzia all’oggi il seguente dato: 1238 psicologi dipendenti a tempo pieno, statistica a cura del Ministero della Salute 2013 su dati raccolti nel 2010, senza IRCS e strutture accreditate.
Il Ministero della Salute ha fatto propria la definizione del concetto di Salute così come declinato dall’OMS “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità” (2013-2020).
Questa nuova definizione, per quanto riguarda la psicologia ospedaliera, appare ancora una dichiarazione di intenti piuttosto che un’azione programmatica.
La centralità della figura del medico in ospedale e in tutti i servizi sanitari è indiscussa, tuttavia non è sinonimo di “esclusività”. La Salute non è all’oggi competenza esclusiva di nessuna professione e disciplina.
La strada da percorrere per realizzare un effettivo cambiamento favorente l’inclusione della professionalità psicologica nei contesti ospedalieri è ancora lunga. La storia, anche quella relativa alla Salute, non si può arrestare e il riconoscimento della professione quale professione sanitaria, con il conseguente passaggio della “vigilanza” al Ministero della Salute, ha aperto la strada all’inclusione anche degli specialisti psicologi nel contesto ospedaliero.
Parlare oggi di psicologia ospedaliera significa obbligatoriamente parlare dei Livelli Essenziali di Assistenza, LEA, in quanto costituiscono un impegno assunto dagli erogatori delle prestazioni sanitarie, diventando un diritto per i cittadini (Legge N.3/18). Essi, inoltre, favoriscono l’ingresso nel contesto ospedaliero di una cultura promotrice del concetto di salute globale e regolamentano il modello di lavoro rivolto oltre che ai pazienti e ai familiari anche agli operatori sanitari coinvolti nei processi di cura. Si ricorda che si è arrivati a questo fondamentale risultato grazie sia alla mozione portata al tavolo del Ministero dal CNOP che al lungo lavoro portato avanti da AUPI nel corso dei precedenti anni. Ricordiamo l’importanza della richiesta di riconoscimento della psicologia ospedaliera avanzata da AUPI al Ministro della Salute on. Beatrice Lorenzin con la mozione per le seguenti integrazioni: “nel definire il modello organizzativo dei singoli presidi valutati secondo l’intensità di cura devono essere previste le forme idonee di assistenza psicologica per le necessità dei pazienti e caregiver e l’umanizzazione dei contesti ospedalieri e delle cure. Ricordiamo, inoltre, il lungo lavoro di sostegno a riconoscimento dei Requisiti Minimi di Esecuzione (REM) delle prestazioni psicologiche in collaborazione con F.I.S.P (Federazione Italiana Società di Psicologia) e la proposta di aggiornamento del nomenclatore tariffario in ordine all’evoluzione della disciplina Psicologia e Psicoterapia nel SSN.
Le evidenze scientifiche e i dati raccolti dall’analisi delle linee guida internazionali confermano il ruolo che la psicologia svolge nei contesti dedicati alla cura delle patologie somatiche. L’aumentata attenzione delle politiche sanitarie agli interventi psicologici risponde oggi a tematiche emergenti: l’umanizzazione, la personalizzazione delle cure ospedaliere, la gestione del dolore e della traumaticità, l’acuzie relazionale in P.S., i trattamenti palliativi end-stage. Tali interventi vengono inclusi nei percorsi di cura e disposti come Servizi alla persona incardinati nella struttura organizzativa ospedaliera, capaci di garantire la continuità assistenziale. Tale continuità rappresenta una condizione basica per poter lavorare in un’ottica integrativa e non escludere gli aspetti psicologici, affettivi e relazionali dall’intreccio con quelli biologici e somatici, inscindibilmente legati. Negli Ospedali italiani emerge, dunque, la richiesta di professionalità psicologica specialistica in grado di contribuire a perseguire un più ampio e proficuo obiettivo in merito alla Salute: rendere più efficace il lavoro nelle e delle unità operative ospedaliere, evidenziare gli snodi dell’articolazione nell’adozione ed applicazione dei percorsi e delle procedure cliniche, favorire negli operatori le medesime conoscenze dei diversi livelli del proprio contesto di lavoro, nonché aiutare i malati e le loro famiglie con interventi mirati.
L’organizzazione in Psicologia Ospedaliera
I Servizi di Psicologia si configurano come strutture a cui competono, in accordo con le linee programmatiche dell’Azienda, la programmazione, la gestione e la promozione delle attività di competenza; garantiscono attività diagnostica, terapeutica, riabilitativa, e svolgono attività didattiche e formative e di ricerca psicologica in ambito sanitario in collaborazione con le Unità e i Dipartimenti ospedalieri, le Università e gli Enti Esterni convenzionati.
Le Unità/Servizi di Psicologia includono la visione dell’integrazione della clinica ospedaliera con la clinica dell’organizzazione, del benessere organizzativo e della formazione.
È evidente come la complessità esplicitata non si presti a riduzionismi.
Le domande ed i servizi
Se pensiamo alle “domande” di psicologia all’interno dell’ospedale ci troviamo in un’ampia costellazione che va dalla cosiddetta “visita e parere/consulenza” sul singolo paziente, famiglia, caregiver, alla domanda dell’operatore su una specifica interazione operatore-paziente, alla costruzione di un progetto che nasce dalla rilevazione di singoli problemi concreti all’interno dei diversi reparti che fino a quel momento non hanno trovato né adeguata lettura/decodifica, né organizzazione. Tali quesiti richiedono una riflessione di decodifica della domanda, ad esempio di chi la formula, in quale contesto, con quali aspettative, difficoltà e risorse. Il processo di trasformazione della domanda appartiene ad un percorso che necessita della messa in atto della Funzione psicologica specifica dei gruppi di lavoro costitutivi i Servizi di Psicologia. La specificità professionale è uno strumento imprescindibile per la costruzione di tale percorso. Non è inusuale, ad esempio, che la domanda del medico inviante sul singolo paziente venga riletta, da tutta l’équipe, come richiesta di un iter volto a rivedere i passaggi di cura e le relazioni tra operatori. Pertanto la Funzione psicologica viene esercitata, sia per identificare le risorse da mettere in campo sia per complessualizzare l’intervento in una dimensione multidisciplinare.
L’entrata in vigore di normative quali la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e benessere organizzativo, consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento e concertazione di sospensione di cure, sottolineano la rapidità delle trasformazioni culturali in atto.
Gli psicologi ospedalieri che operano trasversalmente definiscono procedure, modalità di accesso, tipologia e obiettivi dei numerosi trattamenti. Inoltre, l’introduzione della pratica basata sulle evidenze, definita nel documento della task force dell’APA Evidenced-Based Practice in Psychology (EBPP) come “l’integrazione della miglior ricerca disponibile con la competenza dei clinici nel contesto delle caratteristiche del paziente, della sua cultura e delle sue preferenze” (APA, 2006), ha posto la questione, sempre più scottante, di una programmazione ed una formazione indirizzata a fornire trattamenti in linea con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e ad individuare indicatori per verificare il suo impatto sulla pratica clinica e sull’organizzazione. L’orientamento sempre più diffuso a costituire percorsi diagnostici terapeutici assistenziali se da un lato valorizza l’approccio multidisciplinare, dall’altro richiede una ricontestualizzazione dell’approccio prestazionale che include l’intervento psicologico, inscrivendolo nella storia del singolo e della sua traiettoria di vita.
Evoluzione delle procedure psicologiche in ambito ospedaliero
Siamo giunti alla declinazione dei criteri di appropriatezza degli interventi psicologici erogati spesso in contesto multidisciplinare. L’appropriatezza è un concetto multidimensionale e complesso: è la “procedura corretta, per la persona giusta, al momento opportuno e nel setting più adatto”. In pratica una cura “può considerarsi appropriata quando sia associata ad un beneficio netto o quando è in grado di massimizzare il beneficio e minimizzare il rischio al quale un paziente va incontro quando accede ad una o più determinate prestazioni (Rodella, Botturi, 2014; Sanmartin et al, 2008). La valutazione degli esiti, dimensione complessa in psicologia ed ancora di più in psicologia della salute ove intervengono numerose variabili nel campo di cura, riveste un aspetto chiave non solo in rapporto a ragioni deontologiche, etiche, professionali, ma anche nella direzione di favorire percorsi aziendali di miglioramento relativi a variabili quali ad esempio l’accessibilità, l’accettabilità, l’efficienza ed i costi. Secondo APA 2013 i dati sugli effetti positivi della psicoterapia sono costanti e duraturi all’interno di un ampio spettro di patologie, in bambini, adulti e anziani, con variazioni legate prevalentemente alla severità della malattia e alle caratteristiche personologiche del paziente piuttosto che alla specifica diagnosi. Tali effetti positivi della psicoterapia sono inoltre ampiamente documentati dalla più recente letteratura neuroscientifica (Panksepp, 2020; Northoff).
L’approccio comprensivo qui descritto è riconosciuto dalla rete internazionale HPH (Health and Promoting Hospitals and Health Services) nell’ambito del progetto dell’OMS con lo scopo di includere i concetti, i valori e gli standard di promozione della salute nella struttura organizzativa e nella cultura dell’ospedale, a beneficio del personale, dei pazienti e dei loro congiunti e sostenendo un ambiente sano.
La questione mente-corpo in Ospedale
L’approccio mente-corpo, che presuppone la considerazione olistica della persona nella condizione di salute e di malattia a favore di una prospettiva inclusiva, impone un trattamento la cui matrice risale al concetto di Overall Diagnosis di Balint che già negli anni ‘40 del Novecento aveva intuito il passaggio da una medicina contenutistica ad una prospettiva comprensiva diagnostica ed evolutiva (M.Balint). Si focalizza sulla valutazione del ruolo di differenti fattori, in interazione dinamica, in grado di influenzare l’insorgenza, il decorso e l’esito di ogni tipo di malattia, ponendo l’attenzione sulle vulnerabilità e sulle risorse bio-psico-sociali (Engel, 1977), includendole nei percorsi di cura.
Lavorare nel contesto ospedaliero implica la vicinanza alla malattia, evento acuto o cronico nella vita di un individuo, imprevisto e non rappresentato in quanto traumatico (Scoppola, 2009), con la necessità di accogliere all’interno di un campo intersoggettivo il vissuto emotivo individuale.
In letteratura troviamo numerosi contributi che sottolineano l’associazione tra condizioni mediche e alterazioni psicopatologiche dei tratti emotivi o del tono dell’umore, in particolare l’ansia e la depressione (Porcelli, 2014).
In realtà non ci si trova di fronte a semplici reazioni psicologiche ad alterate e/o patologiche condizioni fisiche, ma di interazioni fra percezione consapevole di sé e meccanismi biologici profondi quali quelli immunologici o genetici.
Sono noti gli studi della scuola di Toronto sui meccanismi della regolazione affettiva in rapporto all’alessitimia e alla condizione di malattia (Taylor,Bagby,Parker, 2000), cosi come quelli di Fonagy (2005) che sottolinea l’importanza della mentalizzazione nello sviluppo del comportamento di malattia (coping) ed i rischi di un suo blocco laddove il vissuto emotivo venga scotomizzato dall’ambiente sanitario.
La malattia somatica riattualizza i modelli di funzionamento primitivi che caratterizzano il processo di strutturazione e costruzione del sé individuale (E.Gaddini, M.Mancia, L.Scoppola) durante le prime fasi dello sviluppo e come tali rimangono inscritti nelle memorie implicite. In ambito ospedaliero gli interventi psicoterapeutici vengono disposti come interventi di trasformazione centrati sul hic et nunc dell’incontro terapeutico attraverso la messa in gioco della relazione di cura. In Ospedale l’incontro avviene con persone che, a fronte del traumatismo della malattia, evidenziano una difficoltà ad accedere al sistema simbolico e ad operare un’elaborazione trasformativa di tale evento.
L’approccio di cura, che risulta essere trasversale ai diversi quadri di malattia (interazione persistente in tutte le fasi della vita dell’unità mente-corpo), è rivolto a ristabilire il migliore livello di funzionamento possibile al momento dell’incontro. Lo psicologo che lavora in ospedale incontra numerosi e diversi setting dai reparti di degenza agli ambulatori. Il setting non soltanto come luogo fisico deve essere disposto in rapporto al livello di funzionamento della mente della persona, del suo familiare e caregiver al momento dell’incontro. Tale incontro può avvenire in ambienti molto diversi: dalle rianimazioni, alle terapie intensive, alla TIN fino ai reparti medici, oncologici, chirurgici e riabilitativi. Instaurare una corrispondenza del setting al livello di funzionamento della mente del paziente permette l’avvio di un processo trasformativo, che renda possibile la costruzione-ricostruzione del mondo interno della persona nel contesto delle relazioni interpersonali di cura. Durante il colloquio vengono colte tutte le componenti extra-verbali e infra-verbali: il comportamento generale del paziente, il suo controllo postulate motorio, l’espressione del viso, come sta nel letto, ecc. L’esperienza della malattia non può essere distinta tra evento somatico, evento mentale, evento intersoggettivo perchè si presenta allo stesso tempo nei termini di una totale indistinguibilità. La persona malata vive una esperienza unica indivisibile e indistinguibile nell’esperienza nello spazio e nel tempo anche se all’individuo è consentito distinguere diversi aspetti della realtà. Esiste una corrispondenza di modelli paralleli che permette di leggere il mentale attraverso il biologico. Lo Psicologo in Ospedale svolge una funzione di facilitatore di connessioni atte a sviluppare i processi di mentalizzazione. L’ars curandi psicologica viene acquisita attraverso la capacità di utilizzare la propria persona ovvero accedendo ad aree mentali più articolate, strutturate e ricche di connessioni per promuovere nel malato reazioni di adattamento con modificazioni dell’umore. Sappiamo che le persone affette da una malattia o da un traumatismo sono condizionate intensamente nel funzionamento psicologico da stati di dipendenza affettiva, disimpegno protettivo delle attività fisiche e psichiche quanto più la malattia è grave.
Le reazioni psicologiche alla malattia possono essere modificate ed amplificate da una psicopatologia latente che può non essere mai stata rilevata precedentemente.
Prassi
Il lavoro clinico dello psicologo in ospedale non può prescindere dal gruppo curante e dal tipo di organizzazione ospedaliera. La presenza continuativa dello psicologo nei reparti rappresenta un fattore importante per il superamento di molte situazioni non solo di interesse specificatamente clinico ma anche relazionale ed organizzativo (cfr. Carbone, 2003, 2009).
L’esigenza di integrare la pratica basata sulle evidenze scientifiche evidence-based-practice con le evidenze basate sulla pratica (practice-based-evidence) ha introdotto a livello ospedaliero la necessità di avviare studi di efficacia dei trattamenti anche se le valutazioni effettuate in contesti multidisciplinari rendono difficile la scelta degli strumenti di valutazione.
Tavola 1
Interventi dello psicologo in Ospedale |
visita e parere/consulenza sul singolo paziente, famiglia, caregiver |
richiesta del sanitario su una specifica interazione operatore-paziente |
richiesta di attivazione multidisciplinare per gestione end-stage e Cure Palliative |
richiesta di formazione sul campo permanente ( FSC) |
richiesta di consulenza organizzativa (costruzione di un progetto sulla base della rilevazione di problematiche concrete all’interno dei diversi reparti che fino a quel momento non hanno trovato né adeguata lettura/decodifica, né organizzazione). |
Tavola 2
Criteri di accesso | |
Degenza Ospedaliera / DH | Paziente ambulatoriale / Day Service |
Richiesta tramite SIO (Sistema Informativo Aziendale) | Richiesta cartacea o dematerializzata del MMG o Medico Specialista |
Prassi | |
Degenza Ospedaliera / DH | Paziente ambulatoriale / Day Service |
Analisi della richiesta / domanda di intervento Colloqui con la persona malata e/o caregiver Restituzione e coinvolgimento del Team curante Referto inserito in SIO. Contiene indicazioni diagnostiche e/o trattamentali (presa in carico durante la degenza) nel rispetto della tutela della privacy vengono riportati i contenuti essenziali e generici in risposta al quesito dell’inviante o i nuclei disfunzionali emersi Trattamenti alla persona e/o caregiver in contesto multidisciplinare durante la degenza | Completamento diagnostico e trattamentale in conti-nuità post ricovero o Day Service Colloqui con la persona malata e/o caregiver in as-setto focalizzato breve (max 16 sedute) Condivisione multidisciplinare del trattamento nell’ambito delle riunioni periodiche di Team Oltre alla refertazione breve per singola seduta eventuale stesura di relazione clinica finale La consulenza/ presa in carico può essere richiesta nuovamente nei momenti epicritici/ fasi della malattia come da PDTA aziendalmente condivisi |
Tavola 3
Prodotti psicologici |
Valutazione e diagnosi |
Percorsi integrati di cura multiprofessionali |
Trattamenti di II livello psicoterapia: focale in ambito psicosomatico, EMDR, Mindfullness, tecniche di rilassamento |
Interventi di rete: UVM, Commissione di terza parte, Percorso interaziendale DCA, rapporto con le Associazioni. |
Consulenza e Formazione ai Team (formazione sul campo) |
Consulenza organizzativa |
Tutoring: tirocini post-lauream per abilitazione alla professione di Psicologo e per specializzazione in psicoterapia. |
Clinical competence
Le Clinical Competences degli Psicologi che afferiscono all’ambito ospedaliero fanno riferimento ai quattro grandi capitoli che qualificano la disciplina della Psicologia Clinica e della Salute e sono:
– promozione e mantenimento della salute,
– prevenzione e trattamento della malattia,
– trattamento del traumatismo,
– analisi e miglioramento dei sistemi di tutela della salute in ambito ospedaliero
Tali competenze afferiscono all’orientamento sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni ‘70 e si sono formalizzate all’interno della costituzione della Divisione di Psicologia della Salute dell’APA.
La specializzazione universitaria in Psicologia Clinica e Psicologia della Salute e/o Psicoterapia è un requisito necessario allo Psicologo che lavori in ambito ospedaliero.
Lo Psicologo in ambito ospedaliero è in grado di mettere a punto progetti di diagnosi e terapia e di promuovere le capacità di autoriflessione rispetto ai processi individuali e gruppali in rapporto all’attivazione dei Team multidisciplinari necessari al trattamento delle patologie organiche e di sviluppare progetti- interventi di cura psicologica dei team assistenziali rispetto alle dinamiche organizzative e alle difficoltà individuali nell’esercitare il proprio ruolo assistenziale.
Di seguito le specifiche competenze:
– Conoscenza dei principali modelli teorici implicati negli interventi di dinamiche dei gruppi, dinamiche organizzative, modello psicosociale dello stress, emergenza-urgenza e le nuove acquisizioni in ambito psico-neuroimmunologico;
– Conoscenza dei sistemi di tutela della salute e di elaborazione delle politiche della salute utilizzando le competenze e le tecniche proprie della professione;
– Conoscenza ed applicazione delle tecniche di conduzione dei gruppi e disposizione-assenso al lavoro all’interno dei team istituzionali;
– Conoscenza delle dinamiche dell’organizzazione curante ed interventi che riducano gli elementi stress lavoro correlati;
– Conoscenza ed applicazione delle tecniche psicoterapeutiche adattate al trattamento in ambito psicosomatico con particolare riferimento all’implementazione della capacità di soggettivazione, di problem solving, di decision-making, di gestione dello stress, ecc.;
– Conoscenza della rete organizzativa intra-ospedaliera (ivi inclusa la rete informatica) per poter espletare le consulenze nei reparti al letto del malato;
– Conoscenza degli elementi per effettuare psicodiagnosi differenziale tra sindromi organiche e disturbi patologici nel bambino e nell’adulto;
– Conoscenza dei quadri somatici per i quali vengono richieste prestazioni psicologiche;
Le clinical competences definite da APA si arricchiscono di ulteriori specificità all’oggi:
– funzione integrativa e di legame tra la persona malata e lo staff curante;
– operazione di cerniera tra la clinica del singolo e la clinica dei gruppi;
– inclusione di elementi di psicologia del lavoro e dell’organizzazione tali da consentire un’analisi del contesto per definire lo specifico fabbisogno psicologico e/o di cura.
In ambito ospedaliero oltre all’effettuazione delle consulenze secondo una richiesta centralizzata e/o prevista all’interno di protocolli aziendalmente condivisi e/o PTDA, vengono gestite attività del gruppo di lavoro quali la gestione del dolore, i trattamenti palliativi end-stage, attività di psicodiagnostica di II livello, trattamenti clinici di gruppo su popolazioni target. Il gruppo di lavoro rappresentato dall’Unità dei Dirigenti Psicologi permette lo sviluppo e l’utilizzo della funzione psicologia specifica del Servizio. La struttura organizzativa del Servizio garantisce la specificità professionale strumento imprenscidibile per la messa n atto ed il governo di percorsi trasversalizzati che fanno riferimento ad aree strategiche aziendali quali ad esempio equità, umanizzazione, trattamenti palliativi end-stage, attività psicodiagnostica, attività di gruppi clinici rivolti ai pazienti, ai caregiver o agli operatori. La funzione psicologica esercitata dal gruppo di lavoro è necessaria inoltre sia per identificare le risorse da mettere in campo sia per complessualizzare l’intervento in una dimensione interdisciplinare. Ciò permette di contestualizzare l’approccio prestazione dei PTDA in cui vengono inserite le prestazioni psicologiche inscrivendole nella storia del singolo e della sua traiettoria di vita. Gli psicologi ospedalieri che operano trasversalmente definiscono procedure, modalità di accesso, tipologia e obiettivi dei numerosi trattamenti. Inoltre, l’introduzione della pratica, basata sulle evidenze, definita nel documento della task force dell’APA Evidenced-Based Practice in Psychology (EBPP) come “l’integrazione della miglior ricerca disponibile con la competenza dei clinici nel contesto delle caratteristiche del paziente, della sua cultura e delle sue preferenze” (APA, 2006), ha posto la questione, sempre più scottante, di una programmazione ed una formazione indirizzata a fornire trattamenti in linea con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e ad individuare indicatori per verificare il suo impatto sulla pratica clinica e sull’organizzazione. Il documento APA 2006 permettere di giungere alla declinazione dei criteri di appropriatezza degli interventi psicologici erogati prevalentemente in contesti interdisciplinari. Anche la valutazione degli esiti riveste un aspetto chiave non solo in rapporto a ragioni deontologiche, etiche, professionali, ma anche in relazione ad aspetti quali ad esempio l’accessibilità, accettabilità, l’efficienza e i costi.
Le definizioni di Unità Operative
I Servizi di Psicologia ospedalieri, nella rete del Sistema Sanitario Nazionale Italiano, sono raggruppati nelle seguenti tipologie aziendali e con le seguenti soluzioni organizzative:
I Servizi /U.O di Psicologia ospedaliera nella rete Sanitaria Italiana sono inseriti nelle seguenti tipologie aziendali:
– Aziende Ospedaliere Convenzionate con SSN
– Aziende Ospedaliere Universitarie
– Aziende Ospedaliere ASL
– Istituti Ricerca a carattere Scientifico
e con le seguenti soluzioni Organizzative:
– UOS, Unità Operativa Semplice
– UOSD, Unità Operativa Semplice Dipartimentale
– UOC, Unità Operativa Complessa
Si ritiene che le soluzioni organizzative non rappresentino meramente il raggiungimento di equiparazione di status professionale simile alle altre professioni sanitarie ma rappresentino il futuro di una possibile continuità e sviluppo della disciplina psicologica in ospedale.
Interventi in Pronto Soccorso: modello circolare delle interazioni
La Conferenza Stato-Regioni ha approvato le nuove Linee Guida per le Attività di Pronto Soccorso, che contengono gli indirizzi nazionali per il nuovo Triage Intraospedaliero, per l’Osservazione Breve e la gestione del sovraffollamento (2019).
Le linee guida accolgono la prospettiva di una lettura dei bisogni e degli interventi in chiave biopsicosociale e si prefiggono di garantire questo tipo di approccio, sia pure nei limiti e nelle necessità di un contesto di emergenza. Viene quindi riconosciuta l’importanza degli aspetti psicologici nella organizzazione e gestione integrata delle attività così come nella formazione continua ed empowerment del personale.
In questo contesto viene valorizzato il ruolo degli Psicologi il cui intervento è previsto – sulla base di procedure organizzative concordate – nei confronti degli utenti, dei caregivers, degli operatori e rispetto all’organizzazione.
Gli operatori del Pronto Soccorso sono sottoposti a situazioni stressanti sia per la condizione di emergenza in cui operano sia perchè sull’operatore vengono costantemente trasferiti i sentimenti, le ansie e le paure delle persone che si trovano al centro di un’emergenza sanitaria.
Dal punto di vista psicologico, possiamo definire l’emergenza come un fenomeno a doppia cerniera: esso si attiva nel soggetto colpito dall’evento acuto come espressione d’angoscia e nel soggetto prestatore di cura come potenziale generatore di una risposta di ansia generalizzata.
Il compito principale per chi interviene in questo ambiente è quello di riuscire a modulare la propria attitudine terapeutica tenendo conto di come lo stato di angoscia e di stress interessi tutti gli attori in scena.
Il contesto del Pronto Soccorso è un luogo carico di tensione ove si vivono dimensioni di vita estreme in termini di inaspettato, di improvviso, di non immaginato, di qualcosa che è costantemente al limite del pensiero e dell’azione.
Tipologia delle prestazioni psicologiche nel Pronto Soccorso:
1) intra-aziendali ad es. situazioni traumatiche come incidenti stradali, morti improvvise;
2) inter-aziendali ad es. protocollo sulla violenza di genere, abuso sui minori;
3) in sala d’attesa ad es. interventi psicoeducativi per i familiari/caregiver;
4) interventi di formazione sul personale sanitario.
Conclusioni
Negli ultimi anni stiamo progressivamente assistendo ad un cambio di paradigma: “dalla psicologia come processo di umanizzazione delle cure, alla psicologia come parte integrante della diagnosi, della cura e della riabilitazione”. Recenti studi hanno dimostrato i vantaggi clinici, assistenziali e di razionalizzazione della spesa sanitaria che derivano dall’integrazione tra la medicina e la psicologia.
Le forme organizzative più idonee per consentire l’integrazione sono quelle che prevedono l’istituzione di Servizi /Unità di Psicologia, ovvero di modalità di coordinamento per l’ottimale utilizzo delle competenze psicologiche ai diversi livelli e per le attività necessarie ad una adeguata implementazione ed aggiornamento dei professionisti, della loro integrazione nelle diverse strutture operative e collaborazione interprofessionale.
In concreto occorrono strutture organizzative aziendali di coordinamento, funzionali o preferibilmente gestionali collocate in staff-on-line della Direzione Sanitaria o Strategica, con le seguenti funzioni:
- Coordinamento delle attività psicologiche gestendo le risorse professionali e di budget assegnate in funzione degli obiettivi concordati;
- Formazione e aggiornamento, ricerca, valutazione del personale assegnato.
- Definizione di modelli operativi, protocolli di intervento, definizione di progetti innovativi e implementazione delle attività, secondo criteri di sinergia e costi- benefici, in una logica sistemica a rete, in raccordo con le UUOO e la Direzione aziendale.
Alla struttura organizzativa aziendale afferiscono gli psicologi in ruolo e a vario titolo operanti nell’Azienda: deve essere dotata di autonomia anche sotto il profilo scientifico professionale oltre che tecnico organizzativo.
La struttura di coordinamento ospedaliera dovrebbe promuovere il raccordo con i Servizi psicologici territoriali, per la necessaria continuità, in una logica di rete, delle prestazioni specialistiche ospedaliere, e con le case della Salute ed i Servizi delle cure primarie per garantire al cittadino i migliori percorsi nell’ambito delle patologie croniche, del trattamento del dolore, delle cure palliative, ecc.
La politica sanitaria centrata sul concetto di aziendalizzazione in grado di gestire processi in modo efficace ed efficiente, presuppone una adeguata attenzione a quei fattori soggettivi ed intersoggettivi che possono incidere sui costi e sulla produttività.
La Psicologia risulta essenziale per “tenere insieme“ il sistema e contribuire a salvaguardare contemporaneamente le esigenze della spesa e della qualità, dell’azienda e degli utenti.
Si mira allo sviluppo di Psicologie Ospedaliere che sappiano governare questi diversi bisogni, collocandole in un orizzonte di analisi ed interventi specifici, fortemente integrati, che ne renda esplicita la complessità ‘sistemica’ migliorandone la visione e la fungibilità.
Allen J.G., Fonagy P., Bateman A.W. (2010), La mentalizzazione nella pratica clinica Cortina Editore.
American Psychological Association (2012), Resolution on the recognition of psychotherapy effectiveness
Auslander G.K., Netzer D., Arad I. (2003). Parental anxiety following discharge from hospital of their very low birth weight infants, Family Relation. Interdisciplinary Journal of Applied Family Studies, 52, 12-21.
Baldoni F. (2010), La prospettiva psicosomatica. Ed. Il Mulino.
Balint M. Medico, paziente, malattia. Feltrinelli.
Bertini M. (1999). Editoriale. Psicologia della Salute, 1: 14.
Barkham M. et al. (2001), “Service profiling and outcomes benchmarking using the CORE-OM: Toward practice-based evidence in the psychological therapies”, Journal of Consulting and Clinical Psychology.
Barkham M. et al. (2005), “Suitability and utility of the CORE-OM and CORE-A for assessing severity of presenting problems in psychological therapy services based in primary and secondary settings”, British Journal of Psychiatry.
Bottaccioli F. a cura di (2006). Psiconeuroendocrinoimmunologia. Edizioni Red.
Clerici C.A., Veneroni L. (2014). La psicologia clinica in ospedale. Consulenza e modelli di intervento. Il Mulino Editore.
Corbella S., Girelli R., Marinelli S. (2004). Gruppi Omogenei. Edizioni Borla srl.
Correale A. (2007), Area traumatica e campo istituzionale. Edizioni Borla srl.
Cramer P. (2006). Protecting the Self, Guilford Press.
Dondi P. (2007) Malattia cronica, acuta e situazioni traumatiche. Le diverse implicazioni emotive. In Pronto Soccorso Triage. Ed. Libreria Cortina Verona.
Fulcheri M. (2005). Le attuali frontiere della psicologia clinica. Centro Scientifico Editore.
Graeme J. Taylor, Bagby R.Michael, Carretti V., Schimmenti A. a cura di (2014). La valutazione dell’alessitimia con la TSIA. Raffaello Cortina Editore.
Grandi S., Rafanelli C., Fava G. (Ed) (2011). Manuale di Psicosomatica. Il Pensiero Scientifico.
Imbasciati, A. (2002). Origini e costruzione dei processi di simbolizzazione. Inconscio e simbolopoiesi. PsychoMedia on line, 11/05/2002, pp. 1-27.
Italian Statement on Hospital Psychology, (2013).
Kets de Vries, M.F.R (1989), Alexithymia in organizational life: The organization man revisitedì. Human Relations, 42(12), 1079-93.
Lazzari D. (2013) Psicoterapia: effetti integrati, efficacia e costi-benefici, Tecniche Nuove.
Lazzari D. a cura di (2011), Psicologia Sanitaria e malattia cronica, Pacini Editore.
Lemma A. (2018) Pensare il corpo. L’esperienza corporea in psicoanalisi e oltre. Giovanni Fioriti Editore
Lazzari D, Pisanti R., Avallone F. Percezione di clima organizzativo e burnout in ambito sanitario: il ruolo moderatore dell’alessitimia. G.It. Med Lav Erg, 28, 1 suppl. Psicologia, 1, 43-48, 2006.
Lingiardi, V., Madeddu, F. I meccanismi di difesa, nuova edizione, Raffaello Cortina Editore.
Lingiardi V., McWilliams N., a cura di (2019). Manuale Diagnostico Psicodinamico PDM-2. Raffaello Cortina Editore.
Matte-Blanco I., (1981) L’inconscio come insiemi infiniti. Biblioteca Einaudi.
Michielin P., Bettinardi O. (2004) “Prove di efficacia e linee guida per i trattamenti psicologici e le psicoterapie”. Rivista Scientifica di Psicologia.
Ogden P., Minton K., Pain C. (2013), Trauma and the body. Norton series
Perini M. (2015) L’organizzazione nascosta. Franco Angeli.
Porcelli P. (2009). Medicina Psicosomatica e psicologia clinica. Modelli teorici, diagnosi, trattamento. Raffaello Cortina Editore.
Quaderno CNOP (2017) Ruolo della Psicologia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)
Quaderno CNOP (2019) Il Ruolo dello Psicologo nel Piano Nazionale della Cronicità
Rossi N. (2005). Psicologia clinica per le professioni sanitarie. Il Mulino Editore.
Semprebon G. (2019) Le cure che voglio, le cure che non voglio. Edizioni San Paolo
Scoppola L. (2004) L’esperienza di essere sé. Franco Angeli
Scoppola L. (2011) La parola non trovata. Franco Angeli
Schore A.N. (2003) La regolazione degli affetti e la riparazione del sé. Casa editrice Astrolabio
Solano, L. (2013). Tra mente e corpo. Ed. Raffaello Cortina.
Stein, M. (2000), After Eden: Envy and the defences against anxiety paradigm. Human Relations, vol.53, 2: 193-212.
Taylor, Bagby, Parker (2000). I Disturbi della regolazione affettiva, Fioriti Ed.
Thompson R. J., Goldstein R. F., Oehler, J.M., Gustafson K.E. et al. (1994). Development outcome of very low birth weight infants as a function of biological risk and psychosocial risk. Development and behavioral Pediatrics, 15, 4:232-238.
Van Baar, A. L., van Wassenaer, A. G., Briet, J. M., Dekker, F. W., e Kok, J. H. (2005). Very preterm birth is associated with disabilities in multiple developmental domains. Journal of Pediatric Psychology, 30, 3: 247–255.
White K. (2014) Talking bodies. Karnac Books.