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VITO TUMMINO
Nonostante l’iniziale disorientamento e l’impreparazione nel fronteggiare la pandemia, dopo l’annuncio che ad inizio 2021 sarebbero arrivati finalmente i vaccini, abbiamo sperato che la fine dell’emergenza sanitaria si stesse avvicinando. Siamo invece arrivati a fine anno ancora in piena fase pandemica, seppur con una forte diminuzione delle morti. I dati sono chiari: ad esempio il 24 novembre del 2020 si sono registrati 850 decessi, il 24 novembre di questo 2021 il numero è sceso a 85. È evidente che questo risultato positivo è dovuto all’efficacia dei vaccini, tuttavia ancora oggi milioni di persone rifiutano questa profilassi e manifestano la loro opposizione rumorosamente e spesso anche violentemente, nonostante le indicazioni delle autorità sanitarie.
A fronte di milioni di persone convinte della necessità di vaccinarsi, quali sono le motivazioni di coloro che non riconoscono nel rifiuto un comportamento a rischio della salute per sé e per gli altri?
Già l’Organizzazione mondiale della sanità nel 2017 affermava che, per la prima volta in un secolo, l’incidenza di alcune malattie trasmissibili come morbillo, parotite e pertosse era in aumento e ne attribuiva la causa all’attivismo antivaccinale e al conseguente calo dei tassi di immunizzazione in alcune comunità (Betsch, Renkewitz, Betsch, & Ulshöfer, 2010; van Panhuis et al., 2013).
Come convincere gli scettici? La comunicazione utilizzata dalle autorità sanitarie fino ad oggi si è basata sulla razionalità degli argomenti scientifici. Virologi, infettivologi, immunologi, anche se a volte in contrasto tra loro, ripetono come dei mantra numeri e spiegazioni scientifiche. La ricerca psicologica ha messo in evidenza che convincere gli scettici con argomenti razionali presenta notevoli limiti di efficacia (Bain, Hornsey, Bongiorno, & Jeffries, 2012; Hart & Nisbt, 2012). Un esperimento condotto nel 2015 su 315 americani, relativo alle vaccinazioni di routine, ha dimostrato che fornire informazioni più autorevoli e correttive di pregiudizi preesistenti non ha avuto effetti significativi sui loro atteggiamenti anti-vaccinali (Horne, Powell, Hummel e Holyoak, 2015).
Lo riscontriamo anche oggi: il problema non è la mancanza di informazioni sui rischi di ammalarsi di Covid19, ma il fatto che l’informazione non è efficace nel modificare le convinzioni acquisite.
Sappiamo che il nostro comportamento è dettato da un orientamento razionale ma è condizionato anche da istanze irrazionali: potremmo definire l’equilibrio psicologico come la capacità dell’individuo di adattarsi con successo ai nuovi cambiamenti e alle difficoltà incontrate, in termini di dinamiche come flessibilità dei processi mentali, emozionali e comportamentali e adattamento a istanze interne ed esterne.
La ricerca di Matthew J. Hornsey, Emily A. Harris, and Kelly S. Fielding pubblicata nel 2018 in Health Psychology condotta su un campione di 5.323 participanti di 24 paesi, riguardante le radici dell’atteggiamento antivaccinale, rileva che la prevalenza di un atteggiamento emozionale/irrazionale sta alla base del processo di elaborazione delle informazioni.
Gli autori della ricerca hanno riscontrato nel campione 4 modalità di costruzione degli atteggiamenti di scetticismo verso le vaccinazioni: la cospirazione (es.: la morte della Principessa Diana è frutto di un complotto così come quello che c’è dietro Bigfarma per il vaccino); disgusto (es.: paura del sangue e degli aghi, spostata sul vaccino); reattività (es.: convinta visione di sé anticonformista e ostile al pensiero comune, ascrivibile al narcisismo cognitivo); percezione di una visione del mondo gerarchicamente organizzato dai cosiddetti ‘poteri occulti’ e conseguente rifiuto di essa.
Appare evidente che la comprensione dei fattori psicologici alla base degli atteggiamenti di rifiuto apre dunque nuove possibilità in termini di promozione di modalità di comunicazione più efficace: modificare i comportamenti è possibile, a patto di comprenderne le cause psicologiche profonde.
Dalla ricerca in corso di pubblicazione, effettuata tramite questionario messo a punto in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera di Ragusa e l’Università di Catania, abbiamo i dati preliminari sullo stato di salute psicologica di un campione rappresentativo della popolazione italiana per età, genere, condizione economica, professione, per un totale–- allo stato attuale – di 3.563 persone dai 14 anni in su.
Di questo campione è stato distinto un primo gruppo della prima ondata del Covid (1369 persone), all’incirca da marzo a novembre 2020, senza che ci fosse ancora una cura efficace e con più di 100.000 morti. Il secondo gruppo ha fornito i dati da dicembre 2020 ad ottobre 2021, quando è iniziata la campagna vaccinale (2154 persone).
Nella raccolta dei dati veniva richiesto se prima della pandemia le persone avessero sofferto di problematiche quali ansia, depressione e disadattamento; esse sono state segnalate dall’11,5% del primo gruppo e dal 16% dal secondo gruppo. Le persone erano
invitate, nel rispondere al questionario, a identificare il valore corrispondente a “come mi sento” in una scala che andava da 0 (per nulla) a 4 (moltissimo). A titolo di esempio le risposte a tre domande.
Prima domanda: “Le preoccupazioni relative al Coronavirus ( es. pensieri molto negativi sul futuro, paura del peggio) mi occupano la mente per la maggior parte della giornata?” Il 33% del campione del primo gruppo (2020) aveva dato risposte da abbastanza a moltissimo, mentre per il secondo gruppo del 2021 la percentuale saliva al 51,5% .
Seconda domanda: “provo interesse e piacere per le cose che in genere erano importanti per me?”
Il 27,9% del campione del primo gruppo aveva dato risposte da abbastanza a moltissimo, mentre per il secondo gruppo la percentuale saliva al 43,5% .
Terza domanda: “Sono più irritabile e faccio fatica a gestire la rabbia, mi sveglio troppo presto al mattino, anche se vorrei dormire di più?”,
Il 36,3% del campione del primo gruppo aveva dato risposte da abbastanza a moltissimo, mentre per il secondo gruppo la percentuale saliva al 55,8% .
Dalle risposte si può evincere che la percezione attuale del livello di benessere psicologico è nettamente peggiore oggi che abbiamo il vaccino rispetto al periodo in cui si contavano centinaia di morti al giorno. Il dato ci deve far riflettere: la disponibilità del vaccino non ha incrementato percezioni positive relativamente allo stato psicologico individuale.
Tutto questo ha probabilmente a che fare con la convinzione diffusa ma sottaciuta che la pandemia durerà ancora per molto tempo; riceviamo inoltre informazioni sullo stato catastrofico del nostro ambiente di vita profondamente inquinato; la precarietà della nostra economia mette a rischio la stabilità del lavoro, tutti fattori che alimentano sensazioni di insicurezza, paura e perdita di speranza: ma come avere un atteggiamento positivo diverso in assenza di visioni e strategie su nuovi modelli di sviluppo e di cambiamento?
Cosa può fare la psicologia di fronte a questo scenario? È la sfida a cui dovremo impegnarci a dare risposte.
Questo numero di Link ospita, nella sezione Focus, due interessanti contributi.
Il primo, “Assessment e trattamenti a distanza: sfide per gli psicoterapeuti durante (e dopo?) la pandemia ” di Santo Di Nuovo e Valeria Narzisi, analizza le problematiche connesse alla formazione a distanza, insieme alla psicoterapia e alla valutazione psicologica. Gli psicoterapeuti sono tendenzialmente convinti che l’intervento di assessment e terapia online sia utile, così come la fiducia nei confronti del testing e dell’intervento online. Lascia qualche perplessità il fatto che le valutazioni più positive dei professionisti nei confronti dell’intervento diagnostico in via telematica non richiedano una preparazione specifica.
Il secondo contributo, di Paola Dondi: “Psicologia ospedaliera. Nuove frontiere della cura: l’intervento multidisciplinare” affronta la clinica e l’intervento dello psicologo ospedaliero ed è centrato sul paradigma multidisciplinare che valorizza l’accoglimento del paziente nella sua globalità e sviluppa azioni di natura valutativa contestualizzandone il funzionamento somato -psichico in una interazione con gli altri specialisti.
Nella sezione Memoria ricordiamo due figure chiave della psicologia italiana: Giovanni Cavadi e Enzo Spaltro. Personaggi di spicco, il primo nell’area professionale, il secondo nell’area accademica.
In “Uno psicoterapeuta, un collaboratore, un amico: in memoria di Giovanni Cavadi (1943- 2020)” Eleonora Riva ripercorre la storia di uno psicologo dalle tante facce: primario dirigente psicologo del Dipartimento di salute mentale di Brescia, docente universitario a Milano e Brescia, autore di articoli e libri, tra i fondatori dell’AUPI, il sindacato degli psicologi e fondatore della rivista Link. Mariceta Gandolfo, collaboratrice di Link, ne racconta la grande umanità, intelligenza e ironia, ma anche la sofferenza di Giovanni vittima del Covid.
Di seguito A. Ballottin, A. Crescentini, A. D’Amato ne tracciano il contributo alla psicologia italiana e in particolare alla psicologia del lavoro. Adriano Olivetti l’aveva voluto ad Ivrea nella pionieristica innovazione dell’industria italiana negli anni Cinquanta. Enzo e Giovanni erano grandi amici e potete leggere l’ultima intervista che Spaltro ha rilasciato a Link nel 2019 curata da Cavadi dal titolo: “Il lavoro: dal malessere al benessere al bellessere e alla gioia”.
La sezione Strumenti ospita un articolo di Giuseppina Drogo, Claudio Detogni, Raffaele Elia, Salvatore Guastella: “Gestione dello stress nei pazienti Covid e nei loro familiari in ambiente ospedaliero e territoriale. Validazione di un protocollo operativo”. Un lavoro multisciplinare di collaborazione medici-psicologi che hanno costruito un metodo e il relativo protocollo per la gestione del paziente e dei familiari, dal ricovero alla riabilitazione, per la prevenzione di complicazioni secondarie legate all’ansia e alla paura.
Nella sezione Esperienze troviamo due articoli sulle attività psicologiche:
Il primo, dal titolo “Covid-19 e disturbi dell’alimentazione: il ruolo della terapia EMDR “ è curato da Maria Zaccagnino, Martina Cussino, Chiara Callerame, Cristina Civilotti
e illustra la modalità con la quale la tecnica dell’EMDR viene utilizzata in diversi contesti clinici in questi anni di pandemia, in particolare nei DCA.
Il secondo, di Fulvio Frati e Veronica Neri: “Problematiche psichiatriche e psicologiche del migrante. Uno studio condotto presso lo Spazio Salute Immigrati, AUSL di Parma” ci descrive la condizione del migrante in una ricca città del Nord Italia. 185 pazienti migranti che si sono rivolti allo Spazio Salute Immigrati dell’AUSL di Parma, dal dicembre 2015 al luglio 2019, sono stati presi in carico psicologico tenendo conto delle loro esigenze individuali e dell’estrema sofferenza: il programma di cura e di integrazione previsto è stato condotto attraverso il coinvolgimento congiunto di strutture sanitarie pubbliche e di servizi sociali pubblici e privati, con un lavoro multidisciplinare tra i professionisti di area psichiatrica, psicologica, sociale, educativa e anche giuridica.
In Ricerche trovate l’articolo di Pietro Madera, Francesca Dal Maso e Sebastiano Zanetti sui “Processi di adattamento nei sanitari dalla prima alla terza ondata pandemica” sull’Impatto psicologico del Covid-19 su lavoratori del settore sanitario”, un’indagine multicentrica condotta presso le diverse sedi ospedaliere dell’ULSS 9 Scaligera.
Nella sezione Una storia clinica Antonietta Grandinetti, Francesco Grieco ci presentano “Psicoterapia e disturbi da abuso di sostanze. Dal trattamento supportivo alla cura fenomenologica”. Le riflessioni degli autori in chiave fenomenologico-esistenziale riguardano la relazione di rispecchiamento reciproco e mimesi: lo psicoterapeuta si trova a fare i conti con le norme di condivisione e di compliance che regolano il rapporto terapeutico con pazienti che abusano di sostanze.
Nella sezione Società Marisa D’Arrigo ci accompagna in un viaggio rivolto alla complessità della maternità e paternità nei casi di Procreazione Medicalmente Assistita. Un diritto per tutti? Nel viaggio ci fanno strada 3 casi clinici: la strega, la bambina rabbiosa, la principessa. Tre maternità inaspettate.
In Riflessioni ospitiamo 2 articoli: il primo di Mariannina Amato: “La costruzione del Sé, il luogo educativo tra scuola in presenza e a distanza” si interroga su quel che sta accadendo con la didattica a distanza. Quali i processi di identificazione e di definizione del Sé?
Nel secondo Catello Parmentola riflette su “La formazione del soggetto terapeutico” e mette in chiaro che lo psicoterapeuta non deve accontentarsi delle conoscenze pregresse, perché solo in una formazione professionale continua può essere trovato un equilibrato bilanciamento tra i requisiti formali del setting, quelli personologici dello psicoterapeuta in formazione e il lavoro su se stessi (clinica didattica), al fine di consentirgli di esprimere funzionalmente tutte le sue risorse terapeutiche, in primis il suo amare (facilità di accesso) e il suo soggettivo estro (terapeutico).
Infine la sezione Link Art curata da Rosa De Rosa, fa emergere, in un momento di rinnovato e positivo interesse per la storia delle donne, il caso di Plautilla Bricci, la prima donna architetto.