Mamie Phipps Clark (1917-1983)
GIOVANNI CAVADI - Psicologo e docente di Psicologia del lavoro Università di Brescia
Well-known psychologist Mamie Phipps Clark had a prominent role in the negro communities’ fight against segregation in the USA. Phipps was able to demonstrate to the American Court that prejudice and discrimination affected the Negro children in terms of racial disadvantage and sense of self.
Mamie Phipps nacque a Hot Springs, località turistica dell’Arkansas, il 18 aprile del 1917. Suo padre, Harold, era medico e sua madre, Katie, si impegnò attivamente per aiutare il marito nella gestione di un centro benessere per negri. Grazie al reddito del padre, la famiglia poté raggiungere lo status di classe media e questo consentiva loro l’accesso ad alcune aree della città normalmente aperte solo ai bianchi. Tuttavia Mamie frequentò la scuola elementare pubblica e l’istruzione secondaria presso scuole segregate. Nel 1934 si diplomò presso la Scuola superiore di Langston anche se vi erano poche opportunità per l’istruzione superiore per gli studenti neri. Incoraggiata dai genitori a proseguire gli studi, decise di iscriversi alla facoltà di matematica e fisica. Le urono offerte due borse di studio, alla Fisk University di Nashville, Tennessee, e alla Howard University di Washington, DC. Mamie scelse quest’ultima, perché era situata nella capitale della nazione e per la presenza di numerosi neri da lei visti come modelli di ruolo. Iniziò così i suoi studi di matematica per diventare insegnante di quella materia. Alla Howard University incontrò quello che sarebbe divenuto suo marito, Kenneth Clark, studente di un master in psicologia. Kenneth ben presto la convinse a trasferirsi allo studio della psicologia, perché era una disciplina affascinante con migliori prospettive di impiego e la possibilità di esplorare il suo interesse per bambini. La presentò al capo del dipartimento di psicologia a Howard, il dottor Sumner, e al dottor Meenes (che sarebbe diventato un futuro collega). Entrambi i docenti incoraggiarono e sostennero gli interessi accademici della giovane. Mamie si laureò magna cum laude nel 1938. Dopo la laurea trovò lavoro come segretaria presso lo studio legale William Houston, coinvolto nella pianificazione del contenzioso relativo alla sfida delle leggi segregazioniste razziali. Nella pratica delle cause legali Mamie poté conoscere casi di desegregazione e incontrare importanti avvocati difensori dei diritti civili. Ella stessa fu testimone in prima persona degli effetti dannosi della segregazione razziale; infatti constatò che trovare buone occasioni di lavoro era difficile. Dirà in seguito: «Anche se mio marito mi aveva già assicurato un posto di insegnante presso il City College di New York, dopo la mia laurea divenne presto evidente per me che una femmina nera con un dottorato di ricerca in psicologia era un’anomalia indesiderata a New York nei primi anni 1940». Mamie ebbe due figli ma proseguì gli studi per ottenere il PhD. Il suo lavoro di tesi era stato incentrato sulla formazione dell’identità razziale e l’autostima e questa sua ricerca ha contribuito a spianare la strada per ulteriori indagini sul concetto di sé tra le minoranze. Nel 1943 conseguì il PhD presso la Columbia University: era l’unica donna di colore in tutto il programma e divenne il secondo afro-americano a ottenere un dottorato presso la Columbia: il primo era stato il marito. Dopo un breve lavoro di analisi dei dati per l’American Public Health Association, Mamie si trasferì per un posto di psicologo di ricerca presso l’Istituto delle Forze Armate degli Stati Uniti. Mentre lavorava come psicologa testista si occupò di una organizzazione per senzatetto di ragazze nere, e in questa occasione notò come fossero limitati i servizi di salute mentale per i bambini appartenenti alle minoranze. Nel 1946, Mamie e il marito fondarono il Centro di Northside for Child Development, la prima agenzia ad offrire servizi psicologici a bambini e famiglie che vivevano nella zona di Harlem, che continuò a seguire in qualità di direttore del Centro fino al suo ritiro nel 1979. Mamie Clark muore nella sua casa di New York l’11 agosto del 1983. Il test Doll Clark In un esperimento classico, la Clark mostrò a dei bambini neri due bambole che erano identiche in tutto tranne che nel colore della pelle: una bambola era bianca e l’altra nera. Ai bambini furono poi rivolte una serie di domande tra cui con quali bambole avevano preferito giocare, quale bambola era “bella”, quale era una “bambola cattiva”. I ricercatori scoprirono che non solo molti dei bambini identificavano la bambola nera come “cattiva”, quasi il 50 per cento aveva scelto la bambola bianca come quella che assomigliava loro di più. Quando gli studenti neri delle scuole segregate furono confrontati con quelli dei distretti scolastici integrati, i risultati rivelarono che i ragazzi delle scuole segregate erano più propensi a descrivere la bambola bianca come quella “bella”. L’esperimento ebbe un ruolo importante nella causa Brown contro il Board of Education di Topeka, il cui caso servì a dimostrare gli effetti nocivi della segregazione sui bambini. La Suprema Corte sentenziò nel 1954 che «la segregazione razziale nelle scuole degli Stati Uniti era incostituzionale». La Corte Suprema riconobbe i risultati della ricerca presentata dalla Clark, osservando quanto segue in merito agli effetti della segregazione sui bambini neri: «Separar[li] dagli altri della stessa età e con le stesse qualifiche per il solo fatto della loro razza genera un senso di inferiorità per il loro status nella comunità che può influenzare i loro cuori e le menti in modo tale che risulti improbabile [gli effetti] possano essere diritti civili, in quanto il suo lavoro, svolto in collaborazione con il marito, dimostrò che il concetto di “separati ma uguali” forniva una formazione tutt’altro che uguale ai giovani neri. Le sue indagini sul concetto di sé tra le minoranze ha ispirato ulteriori ricerche sul tema e ha aperto nuove aree di ricerca nel campo della psicologia dello sviluppo. Purtroppo, i suoi importanti contributi sono stati spesso trascurati, in passato, nei corsi di storia della psicologia, e i libri di testo citano il suo contributo solo di passaggio. Nel suo libro Storia della Psicologia, David Hothersall osserva che le minoranze, tra cui gli psicologi afroamericani, maschi e femmine, sono stati a lungo dimenticati nelle storie della psicologia ufficiale. Il Centro Northside Mamie Phipps trovò un posto di psicologo presso la Casa Riverdale per bambini, un rifugio per ragazze nere senzatetto. Il lavoro in quel contesto le garantì una grande crescita professionale e la rese consapevole della mancanza di servizi psicologici per bambini neri nella zona di Harlem. Mamie e Kenneth presentarono una petizione alle agenzie di servizi esistenti per offrire ai bambini delle minoranze i servizi psicologici necessari. Entrambi decisero di donare gratuitamente il proprio tempo e la propria competenza. Dopo essersi scontrati con l’apatia o la resistenza da parte delle agenzie esistenti e delle chiese, decisero di creare una propria agenzia e fondarono il Centro Northside for Child Development, una delle prime agenzie che forniva servizi psicologici a bambini neri poveri. Mamie lavorò come direttore esecutivo del Northside dal 1946 fino al suo pensionamento nel 1979. La famiglia di Mamie fornì i fondi per arredare il Centro e diversi amici psicologi e assistenti sociali si offrirono di fare volontariato. Originariamente, all’apertura nel marzo 1946, il Center for Child Development comprendeva la sperimentazione Northside e il Centro di consultazione, ed è stato «il primo centro di orientamento a tempo pieno che offriva servizi psichiatrici, psicologici e studio di casi a bambini e famiglie nella zona di Harlem» (Clark, in O’Connell & Russo, 2001, p. 273). I residenti nella Comunità temevano inizialmente la stigmatizzazione sociale ed avevano paura ad utilizzare il Centro. Una maggiore consapevolezza della malattia mentale e le esigenze dei malati di mente cominciarono a cambiare questa percezione nella cultura americana. Fin dal 1940, molti bambini delle minoranze frequentanti le scuole pubbliche erano stati inseriti in programmi per ritardati mentali, nonostante l’opposizione dei genitori. Un gruppo di questi genitori fece appello al Centro per l’aiuto nella fornitura di test per i loro figli e il personale del Centro fu in grado di stabilire che la maggior parte dei bambini dichiarati con ritardo mentale avevano un QI superiore. Un grande vantaggio per i residenti della comunità divenne il servizio di analisi del Centro per la valutazione dell’intelligenza. Il personale del Centro operò per il corretto posizionamento di questi bambini e per rendere illegale la pratica della valutazione dei bambini appartenenti a una minoranza svolta dalle scuole. Molti altri genitori portarono i loro figli al Centro per la verifica della valutazione: la reputazione del Centro risultò essere una risorsa preziosa per la comunità. Come risultato di questa interazione, e constatata la mancanza di sostegno didattico per i bambini delle minoranze, la Clark, fin dal suo primo anno di servizio, istituì un programma di recupero di matematica e di lettura presso il Centro. Oltre al suo lavoro al Northside, fece parte del Consiglio di Amministrazione della Società americana Broadcast, del Mount Sinai Medical Center, del Museo d’Arte Moderna e della New York Public Library, così come di altre organizzazioni. Fu anche consulente dell’Associazione Harlem Youth e della Commissione nazionale di pianificazione Headstart. Le ricerche sulla formazione dei pregiudizi Sono importanti le ricerche condotte dai Clark sulla formazione dei pregiudizi, ad es. sulla distinzione fra bambini bianchi e neri e di diversa età negli USA. Essi constatarono che già a 3 anni i bambini percepivano la differenza del colore della pelle. Tuttavia, a loro parere, la designazione di ’negro’ veniva connessa chiaramente con il colore della pelle soltanto più tardi, a circa 6 anni di età. La separazione fra il gruppo in cui il bambino vive e il gruppo estraneo può avvenire più presto o più tardi, secondo l’educazione ricevuta. Per quanto riguarda i bambini ebrei, questa operazione si manifesta chiaramente prima nei bambini del gruppo maggioritario. Il bambino nero percepisce se stesso come respinto socialmente dagli elementi prestigiosi della società e sviluppa per questo un senso proprio di inutilità (1965). Kenneth e Mamie illustrarono il fenomeno per cui una persona appartenente ad un gruppo di basso rango sociale tende a nutrire una certa ostilità verso il proprio gruppo e dimostrarono che i bambini neri dai 3 ai 7 anni di età preferivano le bambine bianche e dimostravano solo una qualche attenzione per le bambole brune. Sottolinearono che l’autoaggressività sembrava prevalere presso tutte le minoranze etniche, ma era particolarmente diffusa presso i negri. Ad esempio uno dei risultati ben documentati fu l’emergere all’interno della comunità nera di una gerarchia di prestigio basata sulla tonalità di colore della pelle, ovvero quanto più chiara è la pelle tanto maggiore è il prestigio. In uno studio del 1944 Mamie scelse gruppi di ragazzi di 11, 13 e 15 anni con una distribuzione del QI e riscontrò un declino nella media delle intercorrelazioni al test Primary Mental Abilities da .488 a .393. In un ampio studio estensivo (1947) che coinvolgeva 253 bambini neri di età compresa fra i 3 e i 7 anni che frequentavano le scuole interrazziali nel Massachusetts segregati nelle scuole in Arkansas, i due ricercatori non solo trovarono che la consapevolezza razziale si verifica originariamente e cresce con l’età, ma che il tipo di scuola frequentata dai bambini negri non ha un effetto apprezzabile sull’estensione del pregiudizio al quale pervengono in merito alle differenze razziali. Nello studio sulla preferenza dei bambini di giocare con altri bambini, i neri preferivano i coetanei neri nel 60% dei casi, mentre i bianchi nel 10%; a un test corrispondente, effettuato con figure, i risultati erano, rispettivamente, il 18% e il 72 %. Kenneth, in un lavoro citato da Harding et al. (1969) su pregiudizio e relazioni tra etnie, sottolineò il peso eccessivo giocato dal ruolo dei genitori nella trasmissione degli atteggiamenti interraziali. Egli sostenne che i simboli della discriminazione razziale, come la segregazione residenziale, le scuole e le chiese segregate (che implicavano l’inferiorità dei neri) agirebbe come un maggior potere educativo nelle vie interrazziali, e che, inoltre, i bambini spesso sviluppano atteggiamenti etnici ostili di fronte ai genitori, così come alle ammonizioni alla tolleranza e alla fratellanza del clero. Modelli opposti di comportamento si verificano altrettanto frequentemente, nei quali i bambini sviluppano atteggiamenti democratici rispetto all’ostilità etnica in famiglia. I bambini neri percepirebbero se stessi come socialmente respinti dagli elementi più prestigiosi della società e svilupperebbero un senso della propria inutilità.
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