Picasso e l’atrocità della guerra
Rosa De Rosa
Pablo Picasso, Guernica, 1937, Madrid, Centro de Arte Reina Sofia
Il 26 aprile del 1937 la cittadina basca di Guernica viene bombardata dagli aerei tedeschi della Legione Condor, inviati da Hitler in appoggio all’armata franchista. Il bombardamento di Guernica, l’aggressione a una comunità indifesa, suscita indignazione e desta un ampio movimento internazionale di protesta. Picasso, che stava lavorando, su richiesta del governo repubblicano a un’opera per il Padiglione spagnolo all’Esposizione Universale di Parigi, prevista per il mese di luglio, decide di realizzare una grande composizione (354 centimetri x 782) da cui, in segno di lutto, eliminerà i colori, lasciando al bianco, al nero e al grigio il compito di trasmettere l’atrocità fisica e morale dell’evento.
Nasce così, in un tempo relativamente breve, Guernica, aperta e violenta denuncia contro la guerra, una delle opere d’arte più celebri al mondo. Per quanto sia un’opera destinata al grande pubblico e pur avendo come fulcro bene evidente il dramma della guerra, il quadro va molto oltre la documentazione di un evento, è in realtà un mosaico complesso di figure e significati, la cui universalità può essere compresa approfondendone dettagliatamente la struttura.
Ma la ragione principale che ci spinge a guardarla ancora oggi è la sua eccezionale innovazione semantica rispetto alla raffigurazione della guerra. Infatti, fin dall’antichità, che voi guardiate la Colonna Traiana o La battaglia di Lepanto o le innumerevoli altre rappresentazioni della guerra, troverete che i personaggi raffigurati, così come i fruitori, appartengono esclusivamente alla classe militare.
Si può dire che prima di Picasso – forse con l’unica eccezione di Goya (Le fucilazioni del 3 maggio 1808) – nei quadri “di guerra” la gente comune non c’è. Invece i protagonisti di Guernica sono, esattamente come oggi, i civili. La tecnica cubista, con le sue dissezioni prospettiche, è particolarmente adatta al tema. Donne, bambini, animali e oggetti sono scomposti e brutalmente sezionati e occupano lo spazio con i corpi e con i gesti: bocche aperte in grida di dolore, corpi contorti, sguardi di terrore e di pietà, immobilità della morte.
La carneficina coglie ognuno di sorpresa. Assistiamo da sinistra a destra1 della tela al lutto di una madre che ha perduto il figlio e che ne tiene il corpo tra le braccia, all’apprensione e al terrore di due donne, una in fuga, in primo piano, che cerca di porsi in salvo uscendo dalla casa incendiata; l’altra, in alto, che irrompe da destra con un lunghissimo braccio teso che tiene un lume. Sulla destra un’altra donna alza le braccia verso il cielo, ultimo inutile atto di disperazione.
Anche gli animali condividono con gli uomini il destino di morte. Ecco la ferocità dell’imponente toro ed ecco il nitrito disperato del cavallo e lo strazio della colomba seminascosta nel buio. Destati anch’essi dalle esplosioni, gli animali emergono dalla tela come simboli: lo stesso Picasso dichiarò in una intervista che: «Sì, il toro rappresenta la brutalità e questo cavallo il popolo spagnolo».
In alto, una lampada accesa è l’unica fonte di luce e di calore. A terra giace il corpo senza vita di un soldato con lo sguardo vitreo, il volto atteggiato a un’immobile espressione di orrore: è l’unico personaggio di sesso maschile visibile nel quadro.
La grande tela fu acquistata dalla Repubblica spagnola per 150.000 franchi. Ma la guerra civile vinta dai Franchisti la portò in esilio negli Stati Uniti dove fu esposta (1939) nella retrospettiva dedicata a Picasso. Allo scoppio della guerra mondiale, l’opera rimase in deposito al Museum of Modern Art di New York. Per volontà di Picasso doveva trattarsi solo di un prestito: «Guernica apparteneva allo Stato spagnolo e doveva tornare in Spagna quando il paese avesse ritrovato la libertà democratica». La tela e i disegni preparatori furono esposti a Madrid, dopo una lunga battaglia legale con gli eredi di Picasso e con il Museo americano solo nel 1981, al Cason del Buen Ritiro, un distaccamento del Museo del Prado, e, dal settembre del 1992, al Centro Reina Sofia2.
Guernica è la denuncia consapevole di un evento tragico che va oltre la cronaca, che diventa politica, è un manifesto universale contro la cieca forza della guerra, un’amara riflessione sul dolore inevitabilmente associato al potere.
Afferma Picasso: «No, la pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensivo e difensivo contro il nemico».
E in questo tempo in cui la guerra è di nuovo vicina a noi entrando come un incubo nella nostra vita, Guernica sta parlando anche a noi.
NOTE
1. Nel padiglione della Repubblica Spagnola all’Esposizione internazionale di Parigi l’opera era malamente esposta con il lato destro vicino all’entrata della stanza. Perciò tradizionalmente viene letta da destra a sinistra.
2. Non va dimenticato che il quadro è stato a lungo al centro di polemiche, come molte delle creazioni di Picasso. Le obiezioni riguardavano i tempi troppo brevi dell’esecuzione, il significato simbolico di alcune figure, la iuta grezza usata come substrato al posto della tela, oltre a questioni propriamente stilistiche.