Tecnologie basate su Intelligenza Artificiale a supporto dei trattamenti psicologici per i Disturbi dello Spettro Autistico
Santo Di Nuovo, Maria Grazia Costanzo, Rossana Smeriglio
Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Catania
Nella fase di crisi legata alla pandemia il ruolo della psicologia nel supportare la salute è transitato spesso sul piano tecnologico, ma è importante verificare quanto questo passaggio, già iniziato prima della pandemia, sia supportato scientificamente.
La rassegna fa il punto sulle recenti ricerche volte a verificare la usabilità, accettabilità e l’efficacia delle tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale e mirate a supportare il trattamento psicologico dei Disturbi dello Spettro Autistico (ASD).
Le sperimentazioni si avvalgono di strumenti di uso comune, come smartwatch, tablet e Ipad, appositamente programmati per interventi specialistici, ma anche di tecnologie specifiche come la realtà virtuale o aumentata, e la Robotica Sociale Assistiva, che risulta essere specificamente adatta per interventi con persone ASD. I risultati di ricerca dimostrano che gli strumenti sono tanto più efficaci quanto meglio possono essere inseriti all’interno di una programmazione individualizzata, fondata su validi e sperimentati modelli psicologici
1. Le tecnologie basate su Intelligenza Artificiale funzionano, e sono usate, in modo intelligente?
Si diffonde sempre più, anche nel nostro Paese, l’uso di tecnologie che usano l’Intelligenza Artificiale (IA) e le reti neurali per supportare interventi clinici e terapeutici con diverse tipologie di utenti, dai disturbi del neurosviluppo alle patologie post-traumatiche o croniche, fino al decadimento cognitivo nell’anziano.
Queste tecnologie vengono però percepite spesso come “efficaci di per sé”, cioè come capaci di tradurre fedelmente in pratica in modo standardizzato gli obiettivi prefissati, bypassando la “scatola nera” costituita dalla mente dell’utente e di chi se ne prende cura e le molteplici variabili ad essa connesse. Questo può essere vero per certe tecnologie in uso in medicina: ad esempio, quelle che fanno diagnosi automatizzate o supportano interventi chirurgici di alta specializzazione; non lo è invece negli interventi che coinvolgono schemi cognitivi, emotivi e relazionali di utenti e caregivers: schemi mentali che devono essere fatti evolvere parallelamente all’uso delle tecnologie stesse.
A tal fine, bisogna fondare scientificamente le applicazioni dell’I.A. su teorie psicologiche riguardanti la mente umana e le interazioni sociali, per favorirne:
– Usabilità: gradevolezza percepita, valutazione di utilità, disponibilità all’uso effettivo;
– accettabilità da parte degli utenti e dei committenti, al di là degli estremi quali fiducia acritica oppure timore pregiudiziale;
– adattabilità a variabili di personalità dei diversi utenti ed ambientali, relative cioè al contesto in cui vengono applicate;
– generalizzabilità, rispondendo alle domande: a che condizioni e in che contesti le tecnologie AI funzionano meglio? Possono essere adattate ai singoli soggetti, al loro livello di baseline? Consentono il monitoraggio e quindi l’aggiustamento continuo? Gli adattamenti avvengono automaticamente, o sono necessarie modifiche di programmazione? Possono gli stessi operatori fare ricerca e intervenire su questa validazione individualizzata?
Esemplificheremo questo tema di grande rilevanza scientifica e sociale mediante una rassegna di studi recenti che hanno approfondito l’uso di nuove tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale in un settore di grande attualità per l’intervento psico-sociale: il ASD (Autistic Spectrum Disorders). Tratteremo separatamente gli studi che riguardano tecnologie come la realtà virtuale o aumentata e quelle che usano invece supporti robotici, in linea con le teorie della SAR (Socially Assistive Robotics) che mira ad offrire assistenza e terapia agli utenti in maniera interattiva.
2. Nuove tecnologie per il trattamento psicologico dell’ASD
Il ASD (ASD) è un insieme di disturbi neuro evolutivi, che si manifestano con un’ampia eterogeneità di sintomi e differenti gradi di gravità. I soggetti con ASD spesso presentano comorbilità mediche o psichiatriche; il caso più comune di associazione è con Disabilità Intellettiva di vario livello. È noto che le aree maggiormente deficitarie riguardano la comunicazione ed interazione sociale, e quelle dei comportamenti, interessi o attività, ristretti e ripetitivi. La letteratura scientifica negli ultimi anni ha mostrato particolare interesse al supporto che la tecnologia, nelle sue varie forme, può offrire alle persone con ASD.
Le tecnologie mobili vengono ampiamente utilizzate con gli ASD per sviluppare o potenziare le abilità cognitive, socio-emozionali e comportamentali. Una grande diversità esiste tuttavia tra le innovazioni tecnologiche utilizzabili: dai sensori, ai sistemi wireless e ai wearables, dagli assistenti ai robot. Specifiche ricerche hanno impiegato queste tecnologie per indagare la loro validità ed efficacia, e l’accettabilità da parte degli utenti e operatori (Besio et al., 2020).
Già nel 2013, Miglino e al. hanno presentato STELT - Smart Technologies to Enhance Learning and Teaching, una piattaforma progettata come supporto per psicologi, educatori e formatori per costruire ambienti interattivi volti all’apprendimento. Attraverso tale piattaforma sono state progettate tre app digitali per supportare l’apprendimento interattivo in tre differenti ambiti: scolastico (Block Magic), di edutainment (Wandbot) e riabilitativo (Arpecs). Gli utenti nell’Internet of Things interagiscono con gli oggetti intelligenti (occhiali, guanti, visiere) o mediante interfacce tradizionali. In particolare, Arpecs è un nuovo sistema dinamico di Picture Exchange Communication System (PECS) nel trattamento dell’autismo, che mira a rendere interattive le attività di riabilitazione. Alle persone autistiche che hanno partecipato allo studio sono stati forniti: un tablet correlato da software basato su STELT e un lettore di sensori RFID. È utile l’implementazione di un sistema “authoring” che possa essere utilizzato da psicologi, educatori e formatori, così da progettare e sviluppare nuovi ambienti interattivi di apprendimento.
Per i bambini ASD con difficoltà nei comportamenti socio-adattivi è stato proposto un set di app digitali come strumento per favorire l’inclusione scolastica. È descritto da Fage et al. (2018) un intervento pilota di 3 mesi impiegando un pacchetto di app mobili, “School+”, che si propone un miglioramento delle abilità sociali degli studenti ASD e un incremento del loro funzionamento socio-cognitivo. I risultati hanno confermato che nei bambini con ASD “School+” ha migliorato significativamente il comportamento, rispetto ai bambini ASD di controllo. Inoltre viene evidenziata l’elevata usabilità del supporto proposto (elevati punteggi dei genitori nel questionario che lo valutava), suggerendo un facile uso anche in ambienti di vita quotidiana.
Brunero et al. (2019), partendo dalla ipotesi che per gli ASD i dispositivi touch-screen sono più attraenti e per tale ragione possono facilitare l’acquisizione e il potenziamento delle competenze, riportano uno studio pilota che mette a confronto un protocollo con trattamento cartaceo (PA) e uno touch-screen (TA) in 63 persone con ASD (55 M e 8 F) dai 4 ai 32 anni. I protocolli, seppur in modalità diverse, prevedevano le medesime attività: discriminazione visiva, classificazione, accoppiamento parola-immagine e immagine-immagine. I risultati hanno confermato che oltre il 60% dei partecipanti per l’attività di accoppiamento immagine-immagine ha scelto il protocollo Touch-screen; la preferenza è significativamente maggiore nei maschi ad alto funzionamento e negli alunni della scuola dell’obbligo.
Considerando che le terapie musicali e motorie si sono dimostrate particolarmente valide ed efficaci per favorire lo sviluppo di abilità comunicative, espressive e motorie con i bambini con ASD, Ragone, Good, e Howland (2020) hanno presentato la progettazione, l’implementazione e lo studio pilota di un sistema che combina movimenti e musica, ovvero l’Observation of Social Motor Synchrony with an Interactive System (OSMoSIS). Quest’ultimo grazie al sistema di motion capture Microsoft Kinect tiene traccia dei movimenti del corpo, li trasforma in suoni, divenendo un sistema musicale interattivo. Esso è stato progettato per supportare e garantire la sincronicità suono-movimento, in modo tale che i bambini possano generare suoni muovendosi in modo libero nell’ambiente o guidati da un facilitatore se presentano difficoltà motorie. Nell’analisi dei dati sono stati presi in considerazione: impegno – quasi tutti i partecipanti hanno espresso interesse a interagire con il sistema; godimento – tutti i partecipanti hanno espresso piacere nel suo uso; gioco di finzione – si è osservato un aumento dei casi di questi tipi di gioco; interazione sociale – dopo una quasi totale assenza di interazione nella prima fase, si osserva poi uno sblocco con l’introduzione di OSMoSIS.
Sempre con riferimento alla musica, negli Atti del Convegno DIDAMATICA 2020 Smarter School for Smart Cities, è contenuto un articolo di Buzzi et al. (2020) che intende, mediante l’applicazione web “Suoniamo”, fornire uno strumento gratuito per gli insegnanti da poter impiegare all’interno del piano didattico con i ragazzi ASD. L’app è costituita da una tastiera virtuale di pianoforte, strumento su cui esercitarsi, e da un percorso di apprendimento con moduli didattici differenti ma personalizzabili a seconda delle esigenze dell’alunno. L’app Suoniamo ha avuto due fasi di test preliminari, a cui hanno partecipato due diversi gruppi ragazzi ASD, che hanno permesso di perfezionarla sulla base delle osservazioni e dei feedback raccolti: essa è già disponibile gratuitamente per tutti gli insegnanti che vorranno provarla ed utilizzarla nelle loro classi.
Smith et al. (2020) hanno esplorato la possibilità di utilizzare la tecnologia digitale come supporto di interventi basati sulle storie sociali da parte degli insegnanti all’interno di un ambiente scolastico. Con un campione di 17 insegnanti e 22 bambini ASD (5-11 anni) è stata impiegata l’app SS SOFA: le storie sono state proposte individualmente tramite un i-Pad. I risultati hanno dimostrato l’utilità della tecnologia mobile per gli obiettivi proposti; inoltre si sottolinea il vantaggio della sua accessibilità e generalizzabilità che può consentire agli insegnanti di riadoperare il sistema come e quando necessario senza ulteriori tempi di preparazione.
Un’altra interessante modalità riabilitativa è presentata da Vyshedskiy et al. (2020) che hanno sperimentato per tre anni su ampi campioni di bambini con ASD di età compresa tra i 2 e i 12 anni, un intervento mirato al potenziamento della sintesi prefrontale. Questa sintesi permette di giustapporre oggetti visuo-spaziali mentali; il suo deficit, osservato nel 30-40% delle persone con ASD, è responsabile della mancanza di comprensione delle preposizioni spaziali, delle frasi semanticamente reversibili e delle frasi ricorsive. Per intervenire su questo importante aspetto, è stata applicata la Terapia delle immagini mentali per l’autismo (MITA), comprendente esercizi verbali e non verbali, somministrati mediante tablet, che enfatizzano la giustapposizione mentale di oggetti. Lo studio ha confermato che l’acquisizione del linguaggio migliora dopo l’allenamento della sintesi prefrontale con questa terapia basata sulle nuove tecnologie, specie nei bambini più piccoli e con ASD più lieve.
Uno specifico aspetto è stato approfondito da Narzisi et al. (2021). Le persone con ASD manifestano ansia o stress legati a determinati contesti particolarmente critici come quello di andare dal dentista. A tale fine è stata progettata l’App MyDentist, con lo scopo di regolarizzare tali stati emotivi. Nella prima fase di sperimentazione sono stati coinvolti un gruppo di dieci bambini per un periodo di circa tre mesi; convalidata la fattibilità dell’approccio, è stato dato il via al secondo step dello studio, che ha coinvolto tutti i pazienti ASD dell’ambulatorio per sei mesi. Il campione era formato da 130 ragazzi ASD a cui è stato somministrato l’intervento con tecnologia mobile, in modo personalizzato e supportato dall’applicazione. Dall’analisi dei dati, si sono rilevate differenze significative nella cura all’igiene orale tra T0 (pre-intervento) e T1 (dopo 6 mesi dall’inizio dal trattamento) in 14 aspetti su 18 del questionario compilato dai genitori; inoltre, le famiglie hanno percepito positivamente l’uso del presente dispositivo tecnologico.
In molti casi nell’ASD si scatenano stati di iposensibilità o ipersensibilità emotiva. Nel 2017 Torrado et al. hanno presentato un dispositivo smartwatch basato su AI per apprendere l’autoregolazione emotiva, consentendo il rilevamento dell’outburst emotivo e un training di autoregolazione tramite la visualizzazione di pittogrammi personalizzati. Uno studio sperimentale con due bambini di 10 anni con ASD ha dimostrato l’utilità del dispositivo per favorire le strategie di autoregolazione, ed ha inoltre sottolineato l’aspetto dell’accettabilità, trattandosi di un oggetto comune non stigmatizzante seppur basato su un software personalizzato.
Più di recente, è stata progettata l’App Touch for Autism (T4a) per favorire e consolidare le competenze emotive e gestirne la complessità nelle relazioni interpersonali. È stato, inoltre, ideato uno smartwatch volto all’auto-regolazione emotiva, che suggerisce strategie adattive personalizzate per ciascun individuo. Lo studio di Provenzale (2021) evidenzia l’utilità e l’efficacia di questi strumenti informatici nel gestire e ridurre i livelli di arousal, così che i bambini ASD non si sentano sopraffatti dagli stimoli sensoriali provenienti dal mondo circostante. La possibilità, inoltre, di potersi auto-monitorare permette di incrementare i livelli di consapevolezza personale e di conseguenza l’autonomia. Tali strumenti favoriscono anche l’empowerment dei genitori, generalizzando la terapia dal contesto clinico a quello familiare.
Obiettivi di promozione dell’integrazione e dell’interazione degli alunni con ASD, in particolar modo all’interno del contesto scolastico, sono proposti dal sistema Coding presentato da Romanazzi (2021). Per verificare l’uso del coding e la sua efficacia come strumento di prompting comportamentale, è stato condotto uno studio con un alunno di scuola secondaria di secondo grado, il cui comportamento problematico era l’aggressività proattiva, soprattutto con gli insegnanti. L’intervento scelto è stato l’apprendimento tramite modeling e imitazione mediante la tecnica del Coding Story-telling (“Scratch”). È stato progettato dallo studente un codice per simulare la situazione contesto classe attraverso il suo avatar; dopo il training digitale, ha messo in pratica quanto appreso, dimostrando come l’impiego del coding sia un utile strumento di apprendimento per una persona con ASD. Lo stesso alunno ne ha percepito i benefici ottenuti, tanto che in seguito ad un altro episodio che gli aveva causato frustrazione è stato egli stesso a richiedere di poter utilizzare la tecnica presentata in precedenza.
Per districarsi nella molteplicità di App disponibili nel settore, è stato messo a punto uno Strumento di valutazione delle applicazioni mobili educative per l’ASD (EMAAT for ASD). Il progetto è stato sviluppato analizzando la letteratura e mediante uno studio Delphi con esperti di diversa estrazione, e conducendo un test pilota con insegnanti tirocinanti e in servizio che hanno valutato 11 app. Grazie a EMAAT è possibile identificare le caratteristiche educativo-pedagogiche e tecnologiche che le risorse dovrebbero avere per facilitare l’apprendimento degli ASD (Sanromà-Giméne et al., 2021).
Abdel Hameed et al. (2022) descrivono l’utilizzo di tecnologie basate su sistemi di Intelligenza Artificiale e Internet of Things (IoT), con l’obiettivo di migliorare le abilità dei bambini ASD e promuovere il loro processo di adattamento. È stato messo a punto un sistema IoT incorporato di un sensore per misurare la frequenza cardiaca, prevedere lo stato del bambino ed inviare lo stato al tutor con la sensazione e il comportamento previsto del bambino tramite un’applicazione mobile; l’interfaccia applicativa del sistema consente al tutor di ricordare le attività del bambino. Inoltre, il sistema può fornire un ambiente virtuale per aiutare il bambino a migliorare il contatto visivo con le altre persone, e lavorare anche sul superamento delle paure. L’efficienza del sistema è stata valutata sperimentalmente in un centro per bambini con ASD di età compresa tra 4 e 12 anni.
L’offerta di applicazioni digitali, volte in particolar modo ai bambini ASD sia nel contesto educativo che come supporto riabilitativo, è sempre più ampia; per tale ragione bisogna valutare anche le percezioni e gli atteggiamenti che nei loro confronti hanno non solo gli utenti diretti, ma anche gli operatori. A tal riguardo Sidoti, Palma e Marrali (2018) hanno svolto un’indagine volta a raccogliere e analizzare l’esperienza e le percezioni di un gruppo di 50 insegnanti di sostegno riguardo l’impiego delle tecnologie con allievi con ASD. Queste sono considerate dalla maggior parte del campione mezzi molto efficaci ed attrattivi perché stimolanti e divertenti; riguardo le conoscenze solo il 28% dichiara di averne molte, sufficienti il rimanente 72%.
Sempre al fine di conoscere gli atteggiamenti degli operatori, cioè di chi lavora con questi strumenti (o dovrebbe, o potrebbe, farlo) Gallardo-Montes et al. (2022) hanno indagato l’opinione di 286 educatori di Firenze (Italia) e Granada (Spagna) in merito ai vantaggi e all’applicabilità delle app, alla frequenza del loro utilizzo e al tipo di app utilizzate per le persone con ASD. È stato somministrato il “Questionario sulla formazione e le competenze relative all’uso delle Tecnologie per gli insegnanti che lavorano con alunni disabili” e la versione spagnola, il DPTIC-AUT-Q. Per quanto riguarda gli usi che gli insegnanti facevano delle app, le aree più coinvolte sono: mantenimento dell’attenzione, comunicazione, autonomia, apprendimento matematico; invece sono meno utilizzate per lo sviluppo e l’espressione delle emozioni, lo svolgimento di compiti legati alla gestione del tempo, l’organizzazione e la pianificazione.
3. Uso della realtà virtuale e aumentata
Da tempo la realtà virtuale è stata utilizzata per la riabilitazione, specie di tipo motorio; ed è stata applicata anche alla terapia dell’ASD.
Già nel 2012 Casas et al. avevano presentato un sistema di Realtà Aumentata Virtuale volto in particolar modo a far apprendere al bambino ASD abilità di base, spesso deficitarie in questi soggetti, quali l’autoconsapevolezza, lo schema corporeo e la postura, la comunicazione e l’imitazione. Il sistema presentato è Pictogram room, progettato come uno specchio in cui gli utenti possono riflettersi con oggetti virtuali, basato sui movimenti del corpo degli utenti stessi come metodo per l’interazione, ad esempio spostarsi in diverse aree della stanza o spostare il proprio corpo nelle posizioni indicate. Il sistema Kinect consente di catturare le immagini e di visualizzarle unite alle informazioni virtuali, creando così lo specchio di realtà aumentata in cui gli utenti possono vedersi integrati nella scena risultante. Uno studio pilota con 5 bambini ASD ha confermato la possibilità di utilizzare il dispositivo Kinect per sviluppare applicazioni volte al miglioramento delle abilità di base di bambini con autismo.
Gevarter et al. (2014) hanno descritto l’utilizzo della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) mediante i-Pad riportando uno studio sperimentale su tre bambini ASD maschi in età prescolare, che ha messo a confronto tre diversi display in due app per l’acquisizione di mand (in termini skinneriani, operante verbale in cui la risposta è rafforzata da uno specifico conseguente). Le applicazioni CAA differiscono sia per l’uso degli elementi di visualizzazione che di design; i display comparati presentano un pulsante simbolo Widgit (GoTalk), un hotspot fotografico (Scene e Heard) e un pulsante simbolo Widgit insieme a una fotografia. Lo studio ha confermato che il display e gli elementi di design possono condizionare l’acquisizione del mand, per cui la scelta degli elementi si dovrebbe effettuare considerando le propensioni individuali e le caratteristiche di apprendimento di ciascuno.
Nello stesso anno 2014 Maskey et al. hanno proposto uno studio sperimentale utilizzando la tecnologia immersiva Blue Room: una sala schermata a 360 gradi in cui vengono proiettate immagini audiovisive, per cui i partecipanti non devono indossare nulla e possono muoversi liberamente interagendo con lo scenario proposto. L’obiettivo era testare la Blue Room come strumento di intervento per superare paure e fobie di ragazzi ASD. Sono stati coinvolti nove ragazzi ASD (7-13 anni), ognuno con fobia per una particolare situazione o stimolo. Combinando la terapia cognitivo-comportamentale e l’esposizione graduale all’ambiente di realtà virtuale è stata ricreata nella Blue room la situazione ansiogena. Questa combinazione di trattamenti risulta efficace: al termine di essa otto su nove ragazzi sono stati in grado di affrontare la situazione di fobia, e tra essi quattro l’hanno superata completamente.
Sulla scia delle Blue Rooms, di recente è stato introdotto in Italia l’impiego delle Blue Home, particolari appartamenti progettati e costruiti appositamente per soggetti con ASD e per i loro familiari, al fine di poter usufruire di un trattamento di realtà virtuale per promuovere lo sviluppo e/o il potenziamento di abilità e routine positive da mettere in atto quotidianamente da parte anche dei familiari. L’impianto domotico permette ai professionisti di osservare i bambini nell’interazione con i genitori e i fratelli, e di intervenire anche durante la fase di abilitazione intensiva, in cui i professionisti consegnano dei compiti da remoto. Il metodo SuperAbility ha consentito di offrire nuove tipologie di intervento che hanno favorito l’acquisizione di abilità, quali indipendenza e autonomia; nello specifico, i ragazzi ASD hanno ottenuto un miglioramento del 44% riguardo le abilità cognitive e del 30% nelle capacità di comunicazione, potenziando nel complesso le abilità di socializzazione (Fondazione Sacra Famiglia, 2020).
La realtà virtuale è stata combinata con la robotica – oggetto del paragrafo successivo – nella Social Virtual Reality Robots (V2Rs), sistema combinato di realtà virtuale, robot sociali e formazione musicale, il cui obiettivo è insegnare la musica ai bambini ASD ed eseguire una valutazione automatica dei loro comportamenti (Shahab et al., 2017). La ricerca ha indagato se il sistema combinato può essere adatto per i bambini con ASD in situazioni in cui i robot reali non sono disponibili. I personaggi sono due robot umanoidi virtuali, Nima e Sina, con sembianze del robot umanoide NAO, programmati per insegnare a suonare in un ambiente virtuale. La piattaforma si è rivelata attraente per l’intero campione (14 bambini ASD e 21 bambini con sviluppo tipico, età 4-6 anni), e si evidenzia un tasso di accettazione del 64.3% nella condizione di gioco con auricolare virtuale, mentre nel complesso il gioco è stato accettato positivamente dal 78.6% del gruppo ASD, suggerendo che V2R ha buone potenzialità per essere utilizzato anche come app commerciale per apprendere la musica.
Sahin, Abdus-Sabur et al. (2018) riportano un caso studio che esplora la fattibilità e l’efficacia di un intervento di comunicazione sociale che ha impiegato come strumento gli smartglasses, insieme al modulo Empowered Brain Face2Face, progettato per il coaching socio-emotivo a bambini e adulti con ASD in quanto mira ad aumentare il rivolgersi dello sguardo verso il volto dell’altro. La ricerca è stata condotta con uno studente ASD di 13 anni, e l’intervento ha previsto un totale di 16 sessioni di 10 minuti ciascuna. Il ragazzo indossa il sistema smartglasses mentre il modulo Face2Face è in esecuzione e interagisce con un’altra persona (facilitatore) posizionata di fronte all’utente. I risultati hanno dimostrato un miglioramento significativo della comunicazione sociale. I genitori e gli insegnanti hanno rilevato un miglioramento anche della motivazione sociale, della cognizione sociale e degli interessi. Gli Smartglasses, con modulo Face2Face, dunque, si dimostrano una tecnologia assistiva valida per il supporto alla comunicazione sociale e al coaching comportamentale per gli studenti con ASD.
Lo stesso gruppo di ricerca (Sahin, Keshav et al., 2018) in un altro studio mette in luce quanto sia importante non dimenticare il fattore della sicurezza dei supporti tecnologici impiegati; difatti, al crescente interesse per la realtà aumentata come strumento di intervento con soggetti ASD corrispondono poche ricerche sulla sicurezza dei nuovi dispositivi. Lo studio ha testato la sicurezza e i potenziali effetti negativi del sistema Empowered Brain Face2Face, precedentemente presentato. Il campione era costituito da 18 bambini e adulti con diagnosi di ASD di diverso grado; per ciascun partecipante è stato compilato il Social Communication Questionnaire (SCQ). Dalle interviste a utenti e operatori sanitari risulta che la maggior parte degli utenti è stata in grado di indossare e utilizzare Empowered Brain senza riportare effetti negativi; anche i caregiver non hanno riscontrato effetti negativi negli utenti, confermando non solo l’usabilità di tali sistemi e la loro efficacia, ma anche l’accettabilità da parte di soggetti ASD di un’ampia fascia di età e di differenti livelli di diagnosi.
La progettazione e costruzione di un sistema di comunicazione aumentativo alternativo volto ad incrementare le capacità comunicative di persone con disfunzioni comunicative verbali è oggetto della start up italiana LIMIX (De Carlo, 2020). Il progetto si è focalizzato sulla creazione di Talking Hands, un innovativo dispositivo indossabile come un guanto, che consente di tradurre i segni in voce grazie all’app di uno smartphone. Essendo la lingua dei segni molto complessa, soprattutto per i soggetti ASD, Talking Hands ha previsto la personalizzazione dei dizionari dei segni; inoltre, anche in caso di problemi motori, il dispositivo è in grado di rilevare ed interpretare i movimenti approssimativi. Molte verifiche e test sono stati effettuati anche per quanto riguarda struttura e materiali, che potrebbero influire sull’accettabilità del dispositivo. Dall’iniziale prototipo di guanto, in seguito ai vari test, si è giunti ad un esoscheletro, facile da indossare e da usare, che migliorando l’opportunità di comunicazione di persone con ASD ne promuove l’inclusione nella società.
Considerati gli avanzamenti delle tecnologie per le terapie nel 2020 è stata divulgata una rassegna sistematica (per il periodo 2005-2018) di studi e ricerche sulla realtà aumentata come strumento per sviluppare e potenziare abilità in persone con ASD. La ricerca ha preso in considerazione variabili quali capacità di apprendimento, tipo di partecipanti e tecnologia di realtà aumentata ma anche il disegno della ricerca e altre variabili metodologiche. I risultati emersi sono complessivamente positivi circa l’impatto della realtà aumentata sugli utenti ASD, seppur con una grande eterogeneità degli obiettivi valutati nel dettaglio per ogni studio riportato (Khowaja et al., 2020).
4. La Robotica assistiva per l’ASD
La Socially Assistive Robotics (SAR, Tapus, Matarić, e Scassellati 2007) in diversi contesti e con differenti funzioni si è rivelata particolarmente efficace con le persone con ASD, in particolare con i bambini, con i quali sono stati condotti la maggior parte degli studi.
L’applicazione della robotica nella terapia dei bambini con ASD mira ad insegnare ai bambini le abilità sociali di base, la comunicazione e l‘interazione. È stato dimostrato che alcune persone con ASD – specie bambini con limitate abilità verbali – preferiscono i robot agli esseri umani come interlocutori spontaneamente privilegiati (Robins et al., 2005). I robot umanoidi, somiglianti agli umani ma molto meno complessi, consentono di facilitare il trasferimento delle competenze apprese mediante modeling imitativo uomo-robot alle interazioni con umani (Diehl et al., 2012). Ad esempio, bambini con ASD hanno movimenti più rapidi nell’afferrare una palla quando vedono eseguire il movimento dal braccio del robot che non dal braccio umano, mentre i bambini con sviluppo tipico mostrano l’effetto opposto (Pierno et al., 2008). Questi studi suggeriscono che le persone con ASD possono beneficiare di attività imitative che coinvolgono i robot più che dell’imitazione diretta di umani, almeno nella fase iniziale del trattamento. A volte l’imitazione è strutturata, poiché i bambini sono sollecitati da adulti o dallo stesso robot ad imitare le azioni (Duquette et al. 2008); in altri casi l’imitazione si sviluppa spontaneamente come parte di un gioco con il bambino che imita i comportamenti del robot e viceversa (Robins et al. 2009). Questo gioco si estende poi anche alle interazioni triadiche tra un bambino con autismo, un adulto e un robot.
Questi temi sono stati approfonditi in diversi studi del gruppo di ricerca italo-inglese che ha applicato la SAR all’ASD.
Preliminarmente era stato considerata la limitata accettazione dell’uso dei robot in ambito educativo e clinico, emersa tra la popolazione generale dalla survey Eurobarometer promossa dalla Commissione europea (2012): pur mostrando complessivamente un atteggiamento positivo verso l’uso strumentale e “tecnico” dei robot, il 60% degli intervistati aveva affermato che i robot non dovrebbero essere usati per la cura dei bambini, degli anziani e dei disabili (proprio i target privilegiati dalla ricerca attiva in quel periodo).
È stato pertanto approfondito l’atteggiamento degli operatori della disabilità nei confronti dell’uso della robotica per la riabilitazione (Conti et al., 2017). I risultati di una ampia ricerca su clinici sia esperti che in formazione, avevano dimostrato che all’interno di un atteggiamento complessivamente positivo verso l’uso del robot persiste un certo scetticismo tra i clinici, che percepiscono il robot come uno strumento costoso e limitato, mentre psicologi ed educatori in formazione mostrano una percezione più positiva e una disponibilità significativamente maggiore all’uso del robot. È stato pertanto ipotizzato che i robot possano essere meglio accettati per la riabilitazione se sono maggiormente integrati con i protocolli riabilitativi standard, in modo che i benefici complessivi possano superare i costi.
In uno studio pilota condotto in questa direzione (Conti et al., 2015) è stata indagata la potenzialità di uso del robot umanoide NAO per promuovere lo sviluppo dell’imitazione, in particolare corporea, in bambini ASD. Sono stati coinvolti tre bambini con ASD e comorbilità di disabilità intellettiva, di cui due di 10 anni e uno di 12 anni, con stereotipie motorie e significative difficoltà comunicative e relazionali. La procedura ha previsto delle sessioni di gioco di imitazione di movimento corporei, durante le quali NAO invita il bambino ad imitare i suoi movimenti mentre successivamente è NAO ad imitare; infine, il ricercatore mostra al bambino di aver il controllo del robot, e questo induce ad aumentare significativamente l’interazione del bambino col terapeuta, evidenziando l’utilità del robot in funzione di mediatore. Successivamente (Conti et al., 2018) questo metodo per l’apprendimento dell’imitazione motoria è stata inserito all’interno del trattamento Treatment and Education of Autistic and related Communication Handicapped Children (TEACCH) con i bambini ASD. In cinque mesi di interventi e osservazioni mediante videoregistrazione, i parametri presi in considerazione sono stati: sguardo, imitazione, prossimità (al robot), interazione diretta con il terapeuta. I risultati hanno rilevato significativi miglioramenti nelle capacità imitative, che comprovano l’utilità e la validità dell’integrazione della SAR ad altri piani terapeutici, la generalizzazione dell’interazione con l’operatore, dimostrandosi il robot un ottimo mediatore e, infine, la costante aderenza al trattamento.
In uno studio di valutazione del robot come strumento metodologico, Di Nuovo A. et al. (2018) hanno valutato la stima dell’attenzione visiva del bambino con diagnosi di ASD e disabilità intellettiva direttamente dalle telecamere del robot NAO con reti neurali deep learning, senza l’uso di videocamere esterne, così da garantire una maggiore integrazione ecologica nell’ambiente terapeutico. È essenziale che il robot abbia la capacità di valutare al meglio se il bambino lo stia guardando o meno durante la sessione terapeutica, in quanto questo dato consente una maggiore precisione e la possibilità di adattare autonomamente l’interazione con il bambino durante la terapia stessa. I risultati hanno rilevato che l’approccio per identificare i volti che ottiene il miglior risultato è quello che utilizza il Multitask Cascaded Convolutional Networks for Face Detection and Landmark Estimation; l’assistenza robotica può essere integrata con successo nella terapia standard del trattamento dei bambini ASD anche con disabilità intellettiva; i punteggi del livello imitativo di quattro bambini sono aumentati significativamente, ad eccezione dei due bambini del campione i cui livelli di disabilità intellettiva erano molto bassi.
Quando si sceglie una terapia che prevede il supporto di piattaforme robotiche con bambini ASD, bisogna prendere in considerazione alcuni fattori molto importanti che vanno ad influire nell’interazione bambino-robot, o più in generale nella human-robot interaction (HRI), e di conseguenza sulla buona riuscita del trattamento, quali le caratteristiche di antropomorfismo del robot che influiscono sulla costruzione del modello mentale del bambino (Conti et al., 2021).
Le persone con ASD presentano, nella maggior parte dei casi, carenze e/o alterazioni riguardanti il sistema affettivo; il campo della ricerca robotica, dunque, si è mosso anche su tale versante. Il riconoscimento affettivo è oggetto di uno studio su caso singolo (Conti et al. 2019), il cui scopo era l’impiego del robot NAO a supporto di una terapia come intervento a lungo termine per la riabilitazione del riconoscimento affettivo. Il robot NAO è stato programmato appositamente per implementare le emozioni basandosi su una sub-scala del test NEPSY-II (Affect Recognition), più una condizione “neutra”. Durante questi incontri il bambino giocava con NAO, che gli chiedeva di riconoscere le emozioni; dopo una settimana, gli è stato chiesto di interpretare il ruolo del robot ed imitare le emozioni, mentre il terapeuta doveva riconoscerle. I risultati dimostrano l’usabilità del SAR nel supportare il training emotivo di un bambino con gravi deficit in quest’area. La valutazione longitudinale ha sottolineato un miglioramento costante durante la sessione guidata dal robot e, soprattutto, la capacità del bambino di trasmettere al terapeuta ciò che aveva appreso con il robot; si parla, quindi, di importanti potenzialità di generalizzazione. Altro aspetto da evidenziare è, infine, la maggiore aderenza al trattamento promossa dall’impiego della SAR.
Il progetto CARER-AID (Conti et al., 2020) mira ad offrire una percezione completa della Socially Assistive Robotics al fine di integrarla in diversi aspetti e livelli di assistenza e cura: dall’educazione alla riabilitazione terapeutica, dalla valutazione al monitoraggio dei risultati, fornendo assistenza a caregiver e professionisti, sia a scuola che in ambito clinico. Gli studi del CARER-AID hanno indagato i potenziali benefici dell’assistenza robotica nella terapia e l’accettabilità e gli atteggiamenti verso la robotica sociale in ambito educativo. La ricerca ha coinvolto 114 insegnanti, 158 studenti universitari italiani e inglesi, 133 bambini di scuola dell’infanzia (media di età 5 anni), 7 bambini con diagnosi di ASD e disabilità intellettiva. I risultati hanno confermato l’utilità dei SAR in diversi aspetti e livelli della cura. L’aver esteso e generalizzato l’indagine, in particolar modo all’accettabilità del robot in diversi contesti, ha rappresentato un avanzamento rispetto ad altri progetti di ricerca che pongono di solito particolare attenzione solo all’intervento e alla sua efficacia.
5. Il robot come mediatore di relazioni
Si è visto che un operatore umano può mediare l’interazione tra bambino con ASD e robot, che a sua volta può fare da mediatore tra il bambino e l’agente umano.
Per approfondire questa relazione, l’articolo di Simut et al. (2016) riporta uno studio sperimentale mirato ad esplorare la differenza tra l’interazione con un essere umano e quella con un robot sociale durante un’attività di gioco, verificando le variazioni delle due condizioni nella loro capacità di stimolare l’interazione e considerando la persona che accompagna il bambino durante il compito. Il campione era costituito da 30 bambini (5-7 anni) con diagnosi di ASD. La ricerca ha previsto l’esposizione di ciascun partecipante ad entrambe le condizioni di interazione: con agente umano e con agente robotico sociale (robot Probo). Il compito consisteva nel preparare una macedonia di frutta per il partner interattivo selezionando otto coppie di frutta preferita dal partner con cui interagiva, basandosi sulla direzione del suo sguardo, delle espressioni verbali e facciali. Dall’analisi dei dati è emerso che il contatto visivo è significativamente più alto nella condizione di interazione con il robot rispetto a quella con la persona, ma non ha avuto funzione di mediatore sociale tra bambino e sperimentatore.
Uno dei deficit nelle abilità socio relazionali dei bambini con ASD riguarda il turn-taking; anche a tal riguardo la ricerca ha validato strumenti innovativi. Uno studio sperimentale (David et al., 2020) ha ipotizzato che il supporto del robot NAO possa essere efficace per sviluppare e/o potenziare l’abilità di turn-taking e che i benefici di una terapia con integrazione di SAR siano superiori rispetto ad una standard. Il campione comprendeva 11 bambini con diagnosi di ASD (3-5 anni). Lo studio presenta una serie di 5 esperimenti strutturati in 20 sessioni di trattamento standard (SHT) o potenziato da robot (RET). La maggior parte dei bambini ha raggiunto livelli simili nelle performance di turn-taking seguendo sia l’intervento SHT che quello RET; tuttavia, per i bambini il robot è risultato un partner più interessante rispetto a quello umano. L’intervento RET ha ottenuto risultati superiori rispetto a quello SHT nell’attivazione comportamentale, ma questo valeva sia per i comportamenti adattivi che per quelli disadattativi, per cui i professionisti che usano il robot dovrebbero essere consapevoli di rafforzare quelli adattivi e diminuire quelli disadattativi.
Sempre riguardo agli aspetti relazionali, Gena et al. (2020) riportano uno studio sperimentale per verificare le interazioni dei bambini con ASD con il robot sociale NAO. Il robot supporta un’equipe di professionisti nell’interazione bambino-robot riguardo le emozioni dei bambini e adatta il suo comportamento di conseguenza. È stato impiegato NAO, integrato con un software capace di riconoscere le emozioni nei bambini ASD, riconoscere l’utente, ricordare le emozioni percepite dal suo utente nelle interazioni precedenti. La SAR è stata implementata e verificata in due programmi: uno per il riconoscimento di emozioni di base e l’altro per l’analisi dei sentimenti tramite le frasi pronunciate dai bambini. L’obiettivo finale è integrare le due componenti per ottenere un software specifico per i bambini ASD.
Successivamente gli stessi autori (Gena et al., 2021) hanno sperimentato il progetto Sugar, Salt & Pepper - Humanoid robotics for autism, basato sull’utilizzo del robot umanoide Pepper per promuovere le acquisizioni funzionali in ASD ad alto funzionamento, nonché per aumentare le loro capacità di comunicazione reciproca, socializzazione e rafforzare l’apprendimento di strategie per l’autonomia nelle attività quotidiane. Gli autori si sono ispirati alle dimensioni della Scala Godspeed (Anthropomorphism, Animacy, Likeability, Perceived intelligence of the robot, Perceived safety) per riportare i primi risultati di un’analisi delle reazioni al robot da parte di un gruppo di quattro ragazzi ASD fra 11 e 13 anni, coinvolti in un laboratorio sull’autonomia. Dalle interviste sono state estrapolate le immagini mentali che i ragazzi si sono creati sul robot e hanno evidenziato che la personalità del robot e il suo carattere dovrebbero essere perfezionati per renderlo più credibile e coinvolgente. Infatti, quando il robot non comprendeva le domande e non sapeva come rispondere, causava nervosismo nei bambini.
Un altro studio recente (Santos, et al., 2021) ha verificato l’uso di una piattaforma di coaching robotico per l’allenamento di abilità sociali, motorie e cognitive, mediante la funzione di mediatore (interazioni triadiche bambino-robot-adulto) e attraverso il mirroring robotico. Sono stati elaborati due protocolli: Robot-Master e Adult-Master, in cui i bambini hanno eseguito differenti gesti guidati rispettivamente dal robot e dall’operatore; ricevendo, infine, dei feedback positivi o negativi sull’esecuzione del movimento. Nel gruppo di controllo di bambini a sviluppo tipico sono stati seguiti dei protocolli standardizzati, mentre con gli ASD l’ordine degli esercizi è stato personalizzato in base alle loro specifiche esigenze. I due protocolli si sono rivelati adatti per il turn-taking bambino-adulto; dai risultati, inoltre, si possono trarre interessanti spunti per progettare protocolli flessibili da adattare ai differenti livelli di gravità e alle peculiarità di ciascuna persona con ASD.
Nonostante gli avanzamenti della terapia integrata da SAR, limitazioni e aspetti critici tuttora persistenti sono desumibili dalla letteratura internazionale. I bambini con ASD cui è associata disabilità intellettiva sono spesso difficili da trattare perché hanno bisogno di un supporto costante e differenziato per svolgere le normali attività di vita quotidiana (Wong et al., 2015). In conseguenza di ciò, una recente rassegna (DiPietro et al., 2019) ha evidenziato che gli studi esplorativi di nuovi approcci terapeutici che coinvolgono la robotica si concentrano generalmente su un piccolo numero di casi più facili da gestire, ad esempio senza comorbidità. Per rispondere a questa sfida l’attuale tecnologia robotica è ancora in una fase sperimentale e richiede una ulteriore implementazione di sistemi complessi (Cao et al., 2019).
Conclusioni
La presente rassegna testimonia come siano stati sperimentati con successo numerosi dispositivi tecnologici di intelligenza artificiale, progettati per la regolazione e autoregolazione dei processi cognitivi, delle emozioni e dei comportamenti. Molti di essi sono appositamente mirati a supportare le terapie con le persone ASD, che manifestano problemi del linguaggio e della comunicazione, e di conseguenza nell’interazione sociale. Gli interventi si avvalgono di strumenti di uso comune, come smartwatch e tecnologie digitali mobili quali tablet e I-pad, appositamente programmati per interventi specialistici. Strumenti specifici usano la realtà virtuale o aumentata, ma soprattutto la Robotica Sociale Assistiva pare essere adatta per interventi con persone ASD.
I dati di ricerca presentati in questa rassegna dimostrano che gli strumenti sono più efficaci se possono essere inseriti all’interno di una programmazione individualizzata, fondata su validi e sperimentati modelli psicologici, e soprattutto se sono verificati mediante evidenze empiriche di usabilità e accettabilità nello specifico contesto di uso.
Va inoltre assicurata la generalizzabilità di questi strumenti, anche valutando la relazione costi/benefici. Anche in questo caso è essenziale il ruolo della ricerca per la programmazione dell’uso di questi strumenti all’interno dei servizi di assistenza previsti dal Sistema Sanitario Nazionale, ove ne sia dimostrata la validità scientifica.
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