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Antonella: un caso di disturbo del comportamento alimentare in un’adolescente con NF1 ai tempi del Covid-19

Polito, A.N., Scirano, A

Antonella è una paziente con diagnosi di Neurofibromatosi di tipo 1 (NF1) e Disturbo da Binge-Eating, con prevalenti abbuffate notturne, che si presenta nel corso della pandemia da Covid-19. Le viene proposta una terapia cognitivo-comportamentale standard integrata con tecniche di mindfulness e self-compassion. La famiglia viene seguita con colloqui di sostegno psicologico ad orientamento relazionale, a cadenza quindicinale.
Gli esiti sono positivi: gli episodi di abbuffata sono estremamente ridotti, così come il rimuginio e il perfezionismo. La diagnosi di NF1, finora non accettata dalla ragazza, viene elaborata e integrata nella visione globale di sé

 

 

Presentazione del caso
Antonella è un’adolescente con diagnosi di Neurofibromatosi di tipo 1, ha 14 anni e vive con i genitori, il fratello maggiore e la sorella minore. È iscritta al primo anno del liceo delle scienze umane con profitto sufficiente e buon adattamento al contesto scolastico. Poiché nessuno dei suoi familiari è affetto da NF1, Antonella rappresenta un caso sporadico (Rasmussen et al., 2000). I genitori gestiscono un albergo e passano diverse ore fuori casa, affidandosi all’aiuto di una parente che ha il compito di occuparsi della cura dei ragazzi e delle faccende domestiche.

Esame psichico
Sia nel corso della visita neuropsichiatrica che nel primo colloquio con lo psicologo, Antonella si presenta disponibile e collaborante alla trattazione e all’approfondimento dei vissuti emotivi al momento del ricovero.
Riferisce di soffrire, da circa un anno, di un “disturbo del comportamento alimentare”, che la porta a mangiare una quantità di cibo significativamente maggiore rispetto a quanto avesse fatto nei periodi precedenti, accompagnata dalla sgradevole sensazione di perdere il controllo.
Le abbuffate si verificano in media 2-3 volte alla settimana durante il giorno e tutti i giorni durante la notte e sono accompagnate da marcato disagio, senza la messa in atto di condotte compensatorie inappropriate. Dopo le abbuffate sono presenti pensieri intrusivi con contenuto di colpa.
Circa due anni fa, durante l’inizio del periodo legato all’emergenza da Covid-19, ha iniziato a presentare attacchi di panico che collega al timore di essere giudicata negativamente dalle persone a causa della sua malattia.
Durante i colloqui anamnestici emerge la presenza di sbalzi d’umore, un’intensa rabbia verso i genitori che definisce “assenti”.
Ha difficoltà ad esprimere i propri bisogni, temendo di disturbare o di essere rifiutata e costruisce pochi rapporti di amicizia.
Riferisce di non aver mai accettato la diagnosi di neurofibromatosi, che tiene nascosta e prova vergogna solo al pensiero che gli altri possano scoprirlo.
Prima della pandemia, praticava Karate per tre giorni a settimana.
Si definisce una ragazza perfezionista, indecisa e ansiosa, riflette a lungo sui suoi problemi senza essere pienamente consapevole dei propri stati mentali.
Antonella fatica a riconoscere le emozioni che prova, non sempre riesce a identificare i pensieri, le credenze e le emozioni direttamente collegabili al suo disagio.

Descrizione del problema e formulazione psicodiagnostica
A pochi mesi dall’inizio della pandemia, Antonella riferisce di aver iniziato a sperimentare un disagio crescente accompagnato ad un bisogno continuo di cibo che, inizialmente, veniva consumato per noia e che, successivamente, è diventato sempre più un meccanismo di gestione dell’ansia e delle preoccupazioni.
Diversi elementi sono sembrati in linea con l’ipotesi diagnostica di un Disturbo da binge-eating (APA, 2013) in paziente con Neurofibromatosi di tipo 1.
Si è effettuata una valutazione psicodiagnostica con l’utilizzo di un test cognitivo e la valutazione attraverso le scale psichiatriche di autosomministrazione SAFA.
Il profilo cognitivo, in linea con alcuni dati della letteratura scientifica sul funzionamento cognitivo dei pazienti con NF1 (Moore et al, 1994), risulta ai limiti (FIL), con un Q.I.T. di 76 alla scala WISC-IV.
Al test SAFA emergono punteggi, rispetto al range normativo, relativi alle scale:

– Disturbi d’ansia, con valori clinicamente significativi nelle sub-scale “Ansia sociale” e “Ansia da separazione”;
– Disturbi depressivi, con valori al limite nella sub-scala “Insicurezza”
– Disturbi ossessivi, con valori al limite nelle sub-scale “Rupofobia contaminazione” e “Ordine Controllo”;
– Disturbi alimentari psicogeni, con valori clinicamente significativi nelle sub-scale “Condotte bulimiche”, “Aspetti psicologici - Paura della maturità” e “Accettazione e valutazione del corpo”.
– Disturbi somatici e Ipocondria, con valori clinici in entrambi i sub-test.

Storia della sofferenza
Sin dalle elementari, Antonella utilizzava il cibo come modulatore affettivo. Durante il corso dei colloqui psicologici, riporta spesso episodi del passato in cui erano presenti difficoltà emotivo-relazionali, soprattutto in ambito familiare, che compensava con cibi ad alto contenuto calorico (panini molto farciti, prodotti da forno e dolci) senza configurarsi, apparentemente, come abbuffate.
Riferisce di essere venuta a conoscenza della diagnosi di neurofibromatosi a dieci anni, dopo una visita dermatologica, in cui erano evidenziabili molte macchie caffè-latte, a cui erano seguiti altri controlli specialistici che avevano confermato l’ipotesi del dermatologo.
I genitori hanno vissuto il momento della diagnosi e le fasi successive con shock e incredulità, iniziando ad essere più accudenti e a sperimentare giornalmente ansia e senso di impotenza.
Il cibo ha iniziato a rappresentare una fonte di rassicurazione, data da una maggiore sensazione di controllo e di gestione emotiva di Antonella e dei suoi genitori. L’anno successivo, in prima media, Antonella ha iniziato a prendere peso e a provare vergogna per la forma del proprio corpo; in seguito, i genitori si sono rivolti ad un nutrizionista che ha prescritto un piano alimentare, dopo il quale ha ristabilito un peso forma.

Profilo interno
Dalla ricostruzione degli stati interni emerge come Antonella abbia una visione di sé come debole, diversa dagli altri a causa della patologia di cui è affetta, per questo insicura nel rapportarsi agli altri. Sente di essere “inferiore” alle sue compagne di classe sia perché molte sono più popolari e con una vita relazionale più ricca (“quasi tutte le mie compagne di classe sono fidanzate, io non ho mai baciato un ragazzo”) e hanno abitudini diverse dalla sua (“escono, fumano e bevono ma io so che non posso farlo a causa della mia malattia, ho paura che possa peggiorare e chissà cosa potrebbe succedere”). Per timore di sentirsi inadeguata, tende ad evitare molte situazioni sociali, dopo le quali rimugina fino a sentire “un nodo alla testa”.
Attualmente non sono presenti fibromi cutanei e teme che possano presentarsi e renderla bizzarra agli occhi degli altri (“se dovessero venire fuori i fibromi sarebbe una tragedia perché già non mi accetto così come sono, figuriamoci”).
Sviluppa obiettivi perfezionistici in diversi ambiti (scuola, relazioni, attività sportive) che controlla ossessivamente e con modalità critiche (“Devo essere forte e devo bastarmi, devo essere indipendente e lavorare perché quando i miei genitori non ci saranno più so già che, a causa del mio carattere, potrei rimanere sola”). Quando le strategie perfezionistiche falliscono, il rimuginio critico diventa molto più pervasivo.
La bassa autostima nucleare di Antonella, gli evitamenti, la disregolazione emotiva e difficoltà nell’accettazione della diagnosi di NF1 rappresentano fattori che alimentano e mantengono attive le sue problematiche.

Esordio e vulnerabilità
Sulla base della ricostruzione della storia di vita di Antonella e dell’anamnesi individuale e familiare è possibile ipotizzare che, intorno ai 10 anni la bambina abbia iniziato a sperimentare, nel contesto familiare, un’eccessiva preoccupazione dovuta alla scoperta della malattia, che ha innescato comportamenti di smisurato accudimento da parte delle figure parentali.
Le problematiche della paziente sembrano insorgere gradualmente a partire da quel periodo e intensificarsi fino ad oggi, con un picco nei primi mesi dopo l’inizio della pandemia.
È possibile individuare diversi fattori che potrebbero aver inciso sulla costruzione delle credenze di Antonella:
– Utilizzo del cibo come modulatore emotivo;
– L’esposizione ad uno stress importante, quale la scoperta della diagnosi di NF1 e riadattamento familiare;
– Atteggiamenti iper-accudenti delle figure genitoriali in seguito alla diagnosi di NF1;
– Aver appreso, in ambito familiare, l’impossibilità di esprimere bisogni ed emozioni e strategie perfezionistiche per gestire le proprie difficoltà.

Trattamento individuale e familiare
L’obiettivo iniziale del trattamento ha riguardato la diminuzione delle abbuffate, diurne e notturne, attraverso la regolazione emotiva e dei comportamenti disfunzionali.
In sintesi, le tecniche utilizzate hanno riguardato: la formulazione condivisa del caso, la psicoeducazione riguardo al disturbo del comportamento alimentare, l’utilizzo di un diario alimentare e della tecnica degli ABC sulle abbuffate, la riflessione e la validazione del disturbo letto alla luce del suo funzionamento e della sua storia di vita, il riconoscimento degli stati emotivi in cui si trova, le catene comportamentali, il miglioramento dell’insight rispetto alla sua storia di vita e familiare, l’analisi del dialogo interiore, il ruolo e significato del rimuginio critico e auto-invalidante. Sono state impiegate tecniche di mindfulness e self compassion per favorire l’accettazione della NF1.
La ristrutturazione cognitiva è stata impiegata come mezzo per lavorare sugli standard e sul rimuginio critico ed è stata proposta una diversa modalità di reazione, che le ha permesso di osservare e “ristrutturare” tale dialogo alla comparsa, integrandolo con aspetti più compassionevoli e con il ricorso a visualizzazioni e immagini di un luogo sicuro.
Le abbuffate, molto ridotte, sono state vissute con un atteggiamento diverso e con maggiore autocompassione.
La famiglia ha svolto, contemporaneamente, dei colloqui di sostegno psicologico che hanno permesso di lavorare su dinamiche, attuali e pregresse, relative alla scoperta della diagnosi di NF1, ai comportamenti da poter adottare con Antonella e al loro ruolo nella genesi e nel mantenimento delle situazioni problematiche.

Conclusioni
Dopo circa un anno di terapia, Antonella sta molto meglio e continua ad utilizzare ciò che ha appreso durante il suo percorso. Utilizza un dialogo interno molto più flessibile e ha imparato a riconoscere i “campanelli di allarme” prima delle abbuffate che, raramente, si presentano quando legate all’attivazione di alcuni stati mentali problematici. Riesce a riconoscere quando diventa eccessivamente critica e autogiudicante, utilizzando tecniche di mindfulness e self-compassion per farvi fronte. Percepisce un maggiore senso di auto-efficacia e assertività: ha deciso di comunicare la patologia alle sue compagne di classe ed è diventata uno dei membri più attivi all’interno di blog e gruppi online in cui si ritrova con altre persone affette da malattie rare.

Bibliografia

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Cianchetti C., Scale Psichiatriche di Autosomministrazione per Fanciulli e Adolescenti SAFA, Firenze, Giunti OS, 2001.
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Rasmussen SA, Friedman JM. NF1 gene and neurofibromatosis 1. Am J Epidemiol. (2000) 151:33–40.

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